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ABORTO E DONNE COMUNITARIE. IL DIRITTO C'E'. LE REGIONI SI ADEGUINO
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Comunicato di avv. Emmanuela Bertucci, responsabile Aduc-Immigrazione
18 marzo 2008 0:00
 
Il Ministero della Salute, con una nota del 19 febbraio 2008 ha finalmente messo fine ad una grave situazione di illegittimita', specificando con chiarezza che l'interruzione volontaria di gravidanza rientra fra le prestazioni mediche essenziali e urgenti e che deve essere garantita anche a chi non possa permettersi di pagare la prestazione. Il problema e' nato piu' di un anno fa da una direttiva dello stesso Ministero che, all'indomani dell'ingresso nell'Unione Europea di Bulgaria e Romania, negava -illegittimamente- il diritto alla interruzione volontaria di gravidanza gratuita alle cittadine neocomunitarie non iscritte al Servizio Sanitario Nazionale, o non in possesso della specifica certificazione comunitaria, cosiddetta "Team". I cittadini comunitari, infatti, hanno un particolare regime per iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale e dunque usufruire delle relative prestazioni. Chi non abbia i requisiti per l'iscrizione ha comunque diritto alle prestazioni sanitarie gravi e indifferibili. Ma fra queste prestazioni era stata esclusa l'interruzione di gravidanza, a meno che non fosse ritenuta "medicalmente necessaria".
La gravidanza veniva dunque tutelata -e le necessarie prestazioni sanitarie fornite a titolo gratuito- solo se la donna decideva di portarla a termine. In caso contrario, avrebbe dovuto pagare, nella maggior parte dei casi, somme che non possedeva. Un inquietante incitamento agli aborti clandestini. E poi, quando, a rigor di logica, una interruzione di gravidanza (volontaria) poteva esser ritenuta "medicalmente necessaria"? Ne' il Ministero ne' le Regioni, cui e' poi spettato il compito di tradurre in legge la direttiva, si sono poste questo quesito, e si sono limitate ad una interpretazione molto restrittiva delle parole "cure urgenti ed essenziali" secondo cui sono tali solo quelle cure "che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona o relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita". Beh, in quest' ottica una interruzione volontaria di gravidanza non avrebbe mai le caratteristiche di urgenza richieste dalla legge, tranne nel caso in cui arrivi in ospedale una donna e minacci di suicidarsi se non le consentono l'aborto.
Si consideri inoltre che, a differenza delle donne comunitarie, quelle extracomunitarie ricevono invece assistenza gratuita anche per l'interruzione volontaria di gravidanza. Una discriminazione inspiegabile, ed inspiegata, in grave e palese violazione delle norme.  Cio' ha comportato una irragionevole disparita' di trattamento fra cittadine extracomunitarie e comunitarie, disparita' vietata dalla nostra Costituzione, art. 3, comma 1: "Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (...)". Una violazione gravissima dei diritti fondamentali della persona, fra l'altro autorevolmente ribaditi da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 252 del 2001) per cui le cure urgenti ed essenziali "costituiscono attuazione del “nucleo irriducibile” del diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, da riconoscersi ad ogni individuo, rispetto al quale non sono ammessi bilanciamenti con altri valori, quali il contenimento della spesa pubblica, ne' discriminazioni, in ragione della regolarita' o meno del soggiorno".
Questa situazione di illegittimita' e' durata un anno. Nel frattempo il Ministero della salute si e' ravveduto, ricomprendendo fra le cure essenziali e urgenti anche l'interruzione volontaria di gravidanza, ma purtroppo il percorso e' ancora lungo. Infatti, ad oggi, l'unica regione italiana che si e' conformata alla precisazione ministeriale e' quella del Lazio . Altre regioni, come le Marche, non si sono ancora adoperate per modificare la propria disciplina . Altre, infine, hanno deliberatamente ignorato la determinazione del Ministero della Salute, come la Regione Toscana che continua a consentire l'interruzione volontaria di gravidanza a titolo gratuito solo se "medicalmente necessaria".
Ne deriva una ingiustificata disparita' di trattamento per le donne che intendano interrompere una gravidanza, a seconda della regione in cui vivono. Una disparita' che deve essere eliminata dalla immediata adozione, da parte di tutte le regioni italiane, di una regolamentazione conforme alla legge.
 
Per un maggiore approfondimento, con le relative circolari ministeriali e regionali, si veda qui:
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