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Riscaldamento climatico e flussi migratori in Ue
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Articolo di Redazione
22 dicembre 2017 17:56
 
 In pieno dibattito sulla politica migratoria europea, un articolo di Science mette in relazione l’evoluzione della temperatura mondiale e il numero di domande d’asilo in venti Paesi membri dell’Unione Europea, e questo dovrebbe suscitare qualche reazione.
Pubblicato giovedi’ 21 dicembre, il lavoro di Anuch Missirian e Wolfram Schlenker, dell’Universita’ Columbia (New York), si basa su un’analisi incrociata, per gli anni 200-2014, di diverse banche dati: dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, criteri meteorologici, dati socioeconomici, etc.. Rispetto a questo periodo, l’Ue ha ricevuto, in media, 351.000 domande di asilo ogni anno.
A partire dalle informazioni raccolte in 103 Paesi di partenza, i ricercatori hanno valutato l’impatto della temperatura media registrata nelle zone agricole sul fenomeno migratorio. “Quando si devia dalla temperatura ottimale di 20 gradi, andando verso temperature piu’ basse o piu’ alte, le domande di asilo crescono”, dice Anouch Missirian, precisando che “questi effetti sono piu’ visibili nei casi in cui le temperature aumentano”.
“Stabilire un legame variabile di temperatura e flusso migratorio non e’ un uovo approccio, dice Francois Gemenne , esperto in geopolitica dell’ambiente, ma lo sforzo di quantificazione e proiezione proposto da questo studio e’, d’altro canto, molto inedito”.
Andando oltre la loro riflessione, i due universitari hanno rivisto i modelli di riscaldamento climatico elaborati dal Gruppo di esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima (GIEC) a partire dalle loro osservazioni. E i loro risultati accendono una luce forte sull’ampiezza delle migrazioni a cui l’Ue deve far fronte.
Due scenari possibili
Se le emissioni mondiali di gas ad effetto serra continuano a crescere al loro attuale ritmo e sottomettono la Terra ad un aumento della temperatura nell’ordine di 4,5/5 gradi, le richieste d’asilo potrebbero aumentare del 188% da qui al 2100, cioe’ 660.000 domande in piu’ rispetto al periodo 2000-2014.
Se, d’altro canto, rispetto agli sforzi congiunti degli Stati e dei vari attori non statuali (collettivita’ locali, imprese, societa’ civile), la specie umana riesce a stabilizzare queste emissioni e a contenere il surriscaldamento planetario intorno alla soglia dei due gradi, le domande d’asilo non dovrebbero cresce oltre il 28%.
“Nel primo caso, ci si ritroverebbe nel pieno di uno scenario catastrofico, con degli aumenti di temperatura estremi ed un’esplosione demografica che ci portera’ in un mondo sconosciuto, dice Anouch Missirian. In ogni modo, questa interazione tra clima e migrazione e’ una materia sensibile, che deve preoccupare il mondo politico, oltre la comunita’ dei ricercatori.
A cominciare dalle istanze europee, poiche’ lo studio si focalizza sullo spazio comunitario. L’Ue e’ un insieme geografico che puo’ essere esaminato in quanto tale: esso sta facendo fronte dagli anni 2010 ad una crisi migratoria sempre piu’ grande.
Nel 2015, i Ventotto Paesi dell’Ue hanno concesso il diritto d’asilo a 333.000 persone, una cifra in crescita del 72% rispetto al 2014, dopo i dati diffusi dall’ufficio europeo di statistica, Eurostat. Ma i tassi di accettazione variano molto da Paese a Paese. E soprattutto, piu’ di un milione di migranti ha raggiunto l’Europa, e piu’ di 3.700 persone sono morte attraversando il Mediterraneo, nel corso di questo stesso 2015.
“La Commissione europea considera che, nonostante il calo degli arrivi registrati in questi ultimi mesi in seno all’Ue, i fattori della dinamica migratoria -cambiamento climatico o demografico all’interno e ai margini dell’Ue- continuano ad essere una sconfitta per decenni”, ha detto uno dei portavoce dopo la lettura dell’articolo di Science.
“Miopia dei governi”
“La questione migratoria e’ una priorita’ assoluta per l’Ue, assicura Francois Gemenne, In questo senso, lo studio e’ interessante perche’ ci puo’ aiutare a correggere la miopia degli attuali governi, che fanno ancora distinzione tra buoni rifugiati politici da un lato, i cattivi migranti economici dall’altra!”. E prosegue: “La meta’ della popolazione africana, per esempio, ricava l’essenziale del proprio reddito dall’agricoltura di sussistenza. Essa e’ molto vulnerabile alla deregolamentazione del clima. Per dirlo in altre parole, quelli che vengono qualificati come “migranti economici” sono anche loro dei migranti ambientali o climatici”.
Secondo le proiezioni di Missrian e Schlenker, e’ in Africa e Medio Oriente che potrebbero esserci i piu’ alti tassi di domande d’asilo alla fine del secolo, in Niger, in Sudan, in Mauritania, In Kuwait e in Iraq. Cosi’ tanti Paesi che soffrono di importanti crescite di temperatura; vittime anche, per certi versi, di una instabilita’ politica cronica.
La temperatura non e’ che un argomento tra gli altri che porta a decidere di emigrare. Un approccio da diversi punti di vista della realta’ migratoria si impone, ma anche un’analisi concreta dei numeri che sono stati diffusi dai ricercatori dell’Universita’ Columbia.
L’ipotesi del 188%, la piu’ significativa, non dovrebbe realizzarsi se l’Ue, cosi’ come lei stessa si e’ impegnata, rafforza la cooperazione e il sostegno ai Paesi terzi e se delle strategie di adattamento vengono realizzate nelle regioni piu’ sensibili al riscaldamento climatico. “Una tale cifra puo’ avere un effetto a doppio taglio, dice Gemenne. Puo’ spingere all’azione o, al contrario, spaventare i governi e portarli ad un rafforzamento delle loro frontiere”.

(articolo di Simon Roger, publbicato sul quotidiano Le Monde del 22/12/2017)
 
 
 
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