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Immigrati e permesso soggiorno per lavoro subordinato. Tar Toscana: subentro nuovo datore non inibisce rilascio
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Articolo di Claudia Moretti
8 febbraio 2012 11:18
 
Riteniamo utile dar conto di una recente sentenza del Tar Toscana (su ricorso n. 802/2010 depositata il 20.10.2011) *, con cui si affronta –e si risolve– il caso di un cittadino straniero in materia di rilascio di permesso di soggiorno a seguito di ingresso con i flussi del 2008.
Il caso è comune a molti stranieri extracomunitari. Si è chiamati da un datore di lavoro che effettua la pratica di richiesta di nulla osta per l'ingresso di lavoratore extracomunitario. Si entra col visto per lavoro subordinato in virtù di tale nullaosta e si chiede il relativo permesso. Nel frattempo passano mesi e, al momento in cui si è chiamati davanti allo Sportello Unico dell'Immigrazione, la situazione di fatto è cambiata. Il rapporto di lavoro originario non si è costituito perché il datore non ha voluto o non ha potuto procedere all'assunzione nei termini indicati nella procedura dei flussi. Lo straniero, regolarmente entrato, è rimasto, pertanto, privo di contratto e buste paga per ragioni a lui non imputabili ed ha reperito, solo successivamente un nuovo impiego.
E' ciò che è accaduto al Sig. *** che, sebbene avesse fatto presente la mutata situazione, si è visto richiedere le buste paga relative al periodo immediatamente successivo all'ingresso, buste di cui, ovviamente non disponeva. La Questura di Siena, pertanto, ritenendo insufficiente la documentazione prodotta e lamentando l'assenza del presupposto necessario al rilascio del permesso (l'assunzione dell'originario datore di lavoro), ha negato il titolo al ricorrente.
Il ricorso contro il diniego è stato, per fortuna, accolto. La sentenza fa espresso riferimento agli indirizzi giurisprudenziali che si sono susseguiti e che hanno adeguato le rigidità della norma alla vita concreta e alle più elementari istanze di giustizia.
Se da un lato, infatti –si legge– l'intera procedura di cui all'art. 22 T.U. Immigrazione, è fatta in modo tale che l'ingresso soddisfi l'esigenza propria di quel datore che effettua la pratica amministrativa, è altresì vero che non si posso ignorare gli eventi sopravvenuti e non imputabili al lavoratore che modifichino la situazione. In altre parole, è vero che l’intero meccanismo dei flussi è pensato in favore del richiedente manodopera straniera, ma esiste comunque un limite oltre il quale l’aspirante lavoratore deve esser garantito. Limite che potremmo definire del legittimo affidamento.
Questo che segue è il passaggio più interessante:
“Tuttavia, nella giurisprudenza più recente si è manifestata la tendenza ad un più analitico esame delle ragioni per le quali non si è instaurato il rapporto di lavoro con il datore che aveva richiesto la relativa autorizzazione. In particolare, da un lato si è rilevato come vi siano ipotesi di impossibilità sopravvenuta dell’instaurazione del predetto rapporto, nelle quali l’attività lavorativa non può essere iniziata per cause non imputabili al lavoratore straniero (si pensi al decesso del datore di lavoro, alla cessazione dell’azienda, ecc.). Queste ipotesi devono essere assimilate alla perdita del lavoro, ai fini dell’applicazione del principio previsto dall’art. 22 del d.lgs. n.286/1998 (e richiamato dall’odierno ricorrente) secondo cui la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare il lavoratore extracomunitario del permesso di soggiorno (T.A.R. Veneto, Sez. III, 3 settembre 2008, n. 2648). In proposito, ci si rifà alla circolare del Ministero dell’Interno del 20 agosto 2007, n. 3836, per la quale quando la mancata formalizzazione del rapporto di lavoro dipenda dall’indisponibilità sopravvenuta del datore di lavoro e, quindi, da causa non riconducibile allo straniero, quest’ultimo può chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione (analogamente a quanto previsto per la fattispecie dell’art. 22 del d.lgs. n. 286 cit.), sempreché alleghi alla domanda una dichiarazione del Responsabile dello Sportello Unico per l’Immigrazione attestante il venir meno della disponibilità del datore di lavoro a formalizzare l’assunzione.”
La sentenza, nel suo complesso, è da guardare con favore.
Rimangono tuttavia esclusi dai casi su citati, quelli dei lavoratori che hanno beneficiato della la sanatoria del 2009 per soli colf e badanti, che come noto, non consente altro subentro del datore di lavoro se non quello di un familiare di colui che ha fatto la pratica. In tal caso, al passaggio del tempo fra l’istanza e la chiamata per la firma del contratto di soggiorno, sono trascorsi mesi e mesi, durante i quali la vita è continuata a scorrere, modificando le carte in tavola.
Occorre insistere affinché la giurisprudenza allarghi le maglie della normativa che via via tratta gli stranieri come mere “braccia a servizio” di Tizio e di Caio. Allargamento tutt’altro che illegittimo, a nostro parere, ma solo esplicativo di principi di diritto di rango superiore, rispetto alle correnti del legislatore di turno.

* Qui la sentenza (Archivio Briguglio)
 
 
 
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