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Editorialisti del New York Times, 'La vittoria dei demagoghi nell'Italia travolta dalla marea populista in Europa'
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Articolo di Redazione
6 marzo 2018 9:12
 
Segue la traduzione del commento alle elezioni politiche italiane del New York Times, editoriale firmato dall'Editorial Board (organo formato dagli editorialisti del quotidiano).

Le elezioni di domenica sono l'ultima potente onda di una marea di fervore anti-immigranti, anti Unione Europea e anti-democrazia che ha travolto la politica europea. Il voto è un netto rifiuto dei partiti tradizionali, e di una leadership nazionale colpita dall'afflusso torrenziale di migranti dall'Africa e dal Medio Oriente, e da anni di stagnazione.

Mentre i due partiti populisti che hanno raccattato più voti sono differenti sotto molti aspetti, entrambi vogliono abbandonare l'Euro e il sostegno ai migranti, condividono teorie del complotto sulle banche, sui vaccini e sugli attacchi terroristici del 11 settembre (2001, ndr).

L'assenza di un chiaro vincitore o di una coalizione naturale ci promette una lunga e traballante marcia prima che possa formarsi un governo, che molto probabilmente sarà instabile.

Ma il più grande vincitore, con circa il 32 per cento di voti, è stato il Movimento 5 Stelle, un miscuglio di libertarians (negli Usa costituiscono l'area più estrema della destra, ndr), progressives (costituiscono l'area più estrema della sinistra, ndr), euroscettici e altri elettori disincantati, fondato meno di dieci anni fa da un comico, e ora guidato da un 31enne che ha mollato gli studi (college dropout), Luigi Di Maio.

Poi c'è l'estrema destra della Lega (già Lega Nord) guidata da Matteo Salvini, 44 anni. Un fan entusiasta del Fronte Nazionale di Marine Le Pen e di Donald Trump, Salvini ha tristemente alimentato le familiari fiamme del nazionalismo, etnocentrismo e xenofobia, promettendo tra l'altro la "pulizia" dell'Italia dagli immigrati, una presenza minacciosa.

La Lega si è alleata con il partito di Forza Italia di Silvio Berlusconi. L'unico straccio di buona notizia è che il partito di Berlusconi, antesignano del populismo odierno, già estromesso da Primo Ministro nel 2011 nel turbinio di scandali sessuali e problemi legali, ha preso solo il 14 per cento.

Il colpo più duro è stato riservato al  Partito Democratico, fino ad oggi al Governo, guidato da Matteo Renzi fino alle sue dimissioni lunedì. Si è sgonfiato fino ad un mero 19 per cento dei voti. Il partito, che ha guidato l'Italia in una direzione tecnocratica negli ultimi cinque anni, ha tirato fuori l'Italia dalla recessione ed ha tentato di modernizzare l'economia. Ma i problemi del Paese si sono rivelati troppo grandi per resistere alla crescita dell'estremismo e della demagogia.

Qualunque governo emerga, avrà difficoltà a soddisfare le aspettative degli elettori mentre affronta i veri problemi economici dell'Italia, tra cui il più vasto debito pubblico nell'Unione Europea e una alto tasso  di disoccupazione giovanile. Come ha dovuto imparare la Grecia qualche tempo fa, una cosa è inveire contro le regole europee; una cosa molto diversa è tentare di ignorarle.

L'Italia costituisce oggi un'ostacolo fondamentale al progetto europeo, già molto acciaccato dal voto sulla Brexit in Gran Bretagna e dalla deriva illiberale della Polonia, Ungheria e altri paesi dell'Europa orientale e centrale. Tutto questo promette instabilità e incertezza che senza dubbio viene ora celebrato al Cremlino. (Entrambi il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno perorato la causa contro le sanzioni dell'Unione alla Russia). L'Italia probabilmente non è pronta a uscire dall'Unione Europea e mollare l'Euro, ma un governo ostile ad entrambi è un ostacolo per Bruxelles e per il percorso verso una maggiore integrazione europea invocata dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
 
 
 
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