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Così l’accoglienza degli ucraini fa cadere la menzogna del 'non c’è posto'
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Articolo di Redazione
25 marzo 2022 10:18
 
 Circa 2,1 milioni sono già arrivati in Polonia, 535mila in Romania, 365mila in Moldova, 312mila in Ungheria, 250mila in Slovacchia.
Sono i numeri, assolutamente provvisori, che l’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, fornisce sui profughi ucraini che hanno lasciato il loro Paese dal 24 febbraio, data dell’inizio dell’aggressione russa.
Si tratta di cifre destinate ad aumentare molto, che non colpiscono solo per la rapidità con cui sono decollate e la loro entità, ma anche per la concentrazione di questo afflusso in una fascia particolarmente ristretta di Paesi.

Basti pensare che con l’arrivo degli ucraini la Polonia diventa il secondo Paese al mondo per numero di rifugiati, dopo la Turchia. Se invece considerassimo i profughi per abitante, sarebbe la piccola Moldova, 2,6 milioni la popolazione, a battere tutti, con 139 esuli ogni 1.000 abitanti. È come se i cittadini di Firenze in 20 giorni si fossero tutti trasferiti a Roma. Varsavia ne accoglie 55, sempre ogni 1.000 polacchi, la Slovacchia 46.
Per capirci in Italia erano, prima dell’emergenza, solo 3,2 i rifugiati ogni 1.000 abitanti. Il fatto peculiare è che si tratta di record che vengono registrati in aree del mondo che fino a poche settimane fa nessuno si sarebbe aspettato di vedere in cima alle classifiche sull’accoglienza.
I dati ci dicono che nel 2021 in tutta la Ue erano presenti 620mila richiedenti asilo e 2,75 milioni di rifugiati sotto mandato Unhcr, meno che in tutta la Turchia, dove nel complesso erano più di 4 milioni.

Gli Usa erano terzi, con poco meno di 1,6 milioni di persone. Tuttavia sia Unione Europea che Stati Uniti, nonostante siano le aree del mondo più ricche in termini di Pil pro capite, erano superati, a livello di rifugiati per abitante, da Paesi molto più poveri e fragili.
Nella sola Uganda, che ha la popolazione della Spagna, erano 1 milione 480 mila i fuggiaschi, prevalentemente dal Sud Sudan, più che nel molto più affollato Pakistan. In Sudan, 43,8 milioni gli abitanti, erano più di un milione.

Ben 860mila erano nel piccolo Libano, 710mila in Giordania. Con una popolazione di 6,8 e 10,2 milioni di persone risultavano più accoglienti per i rifugiati, in questo caso siriani, del nostro Paese, in cui non superavano i 188mila. E non ci saremmo avvicinati alle cifre precedenti neanche calcolando quanti, tra i presenti nei Centri di Accoglienza, non avevano fatto domanda di asilo.
 L’Italia nella Ue era al quinto posto per accoglienza di quanti sfuggivano da guerre, scontri interni, situazioni di violenza, superata anche da Svezia e Spagna, che pure hanno meno abitanti. Lontanissima poi dalla Germania, che ne ospitava quasi 8 volte in più.
Da noi erano solo 14mila in più che in Austria, con una popolazione di 9 milioni di persone, e 27mila in più che in Grecia, grande come la Lombardia dal punto di vista demografico.
Quello che colpisce, soprattutto alla luce dell’attuale afflusso di ucraini, è il numero risicatissimo di profughi nei Paesi dell’Est. Erano solo 7.100 in Polonia, 5.500 in Romania, 5.750 in Ungheria, 1.070 in Slovacchia.
 È soprattutto per questo, per il ruolo marginale giocato da Italia ed Europa orientale, che la Ue, nel suo complesso, al crescere dei rifugiati a livello mondiale, non ha incrementato la propria quota, passata tra il 2016 e il 2021 dal 14,2% al 13,4%, una percentuale inferiore a quella rappresentata dal proprio Pil su quello globale.
In questi cinque anni, invece, è aumentato il coinvolgimento degli Usa (per quanto inferiore al nostro) e soprattutto di Paesi molto più deboli come l’Uganda.
 
È utile sottolineare, poi, come il ruolo italiano si sia dimezzato in pochi anni all’interno della Ue. Nel 2017 l’11,5% dei rifugiati e dei richiedenti asilo che erano arrivati in territorio europeo erano nel nostro Paese. Quattro anni dopo erano il 5,6%. Mentre il 43,5% era in Germania e il 16% in Francia. Anche in questo caso l’asse franco-tedesco in un certo senso guidava l’Europa.
 Tutto questo fino allo scoppio della guerra in Ucraina., che da questo punto di vista cambierà tutto.
Perché questi numeri? Non certo per dire “E allora i profughi al confine tra Polonia e Bielorussia?” Assomiglieremmo troppo agli amici di Putin che ora gridano a sproposito “E allora il Kosovo, l’Iraq, il Vietnam?”

Né per accusare polacchi e ungheresi di razzismo e ipocrisia per il comportamento precedente. Non c’era bisogno della crisi ucraina, francamente. Anzi, è giusto il plauso che ora ricevono da parte del resto del mondo libero per quello che stanno facendo con chi fugge dai carri armati russi.
Il confronto con l’accoglienza precedente alla guerra, quella che veniva riservata a siriani, afghani, bengalesi, serve a fare capire a noi quanto frasi come “Sono troppi, non possiamo più accoglierne” siano fattualmente false. Si tratta sempre e solo di una scelta politica, determinata spesso da fattori antichi, magari la vicinanza etnica, come è ora nel caso degli ucraini accolti nell’Est Europa.

L’esempio di quello che sta succedendo, pur terribile, potrà essere utile a renderci migliori, tutti, italiani, polacchi, ungheresi, europei, e a comprendere che se lo vogliamo possiamo essere capaci di non voltare la testa di fronte alle vittime dei tanti tiranni, dei piccoli e grandi Putin che popolano il mondo.

(Gianni Balduzzi su Linkiesta del 25/03/2022)

 
 
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