Il movimento “Black Lives Matter” si è mondializzato e sta assumendo sempre più la forma propositiva. Ogni giorno ci sono manifestazioni in qualche parte del mondo, Italia compresa. La postura con un ginocchio in terra è diventata un simbolo di riscatto sociale e politico per tutti coloro che manifestano contro qualche sopruso o oppressione o dimenticanza dello Stato.
Ma perché questo movimento si possa considerare mondiale non è sufficiente aspettare qualche conseguenza sulla politica Usa. Occorre che ognuno guardi se stesso e scopra quali sono le “vite dei neri che contano” nella sua quotidianità. Cioè quali le leggi e le norme che, ruotando su “razzismo, sicurezza, polizia e democrazia” provocano problemi.
I decreti sicurezza che il governo in carica nel suo insediamento a settembre scorso si era impegnato a rivedere, sono sempre lì. Ci sono fior fiore di parlamentari ed esponenti di questo governo che si inginocchiano ovunque, ma i decreti sicurezza che comminano multe stratosferiche a chi salva vite in mare, sono lì. Come è lì lo ius soli. Si discute se sia giusto imbrattare o meno la statua di Indro Montanelli, ma i decreti sicurezza sono lì. Possibile che tra i tanti inginocchiatori non si sia fatta strada questa contraddizione e questa necessità di dar corpo ai propri impegni?
Di movimenti che diventano mode non ne abbiamo più bisogno.
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