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Rimpatri degli stranieri extracomunitari clandestini. La Direttiva UE 'della vergogna'
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Articolo di Emmanuela Bertucci
20 giugno 2008 0:00
 
Il 18 giugno 2008 e' stata definitivamente approvata dal Parlamento Europeo la direttiva sulle norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, che dovra' essere recepita negli Stati membri entro 24 mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea (la pubblicazione in Gazzetta seguira' all'ultimo –formale- via libera dai ministri degli Interni e Giustizia degli Stati membri, previsto per luglio).
 
La direttiva piu' che disciplinare puntualmente a livello europeo le modalita' di espulsione degli stranieri extracomunitari irregolari, detta le "garanzie minime" che gli Stati devono assicurare agli stranieri clandestini nelle procedure di espulsione e rimpatrio. E tali garanzie sono davvero minime, tanto minime da aver sollevato le proteste in coro di tantissime associazioni che operano nel settore della tutela dei diritti umani, per le violazioni dei diritti fondamentali che la direttiva consente agli Stati, cui lascia amplissimo margine di manovra, al punto che l'attuale legislazione italiana (da noi spesso criticata) appare alla luce delle indicazioni dell'Unione Europea quasi un'isola felice!
 
In questo articolo ne evidenziamo le contraddizioni e le violazioni dei diritti umani fondamentali che balzano subito agli occhi,  valutandone e commentandone l'impatto sulla legislazione italiana.
 
Partenze volontarie prima dell'espulsione
 
Da una parte si prevede che l'espulsione coattiva sia preceduta (a differenza di quanto ora avviene in Italia) dalla possibilita' per il clandestino di lasciare volontariamente il territorio dello Stato, e di procedere ad espulsione in caso di mancata ottemperanza. Il termine da assegnare allo straniero deve essere congruo, fra i sette e i trenta giorni derogabile ampliandolo - in considerazione di circostanze specifiche del singolo caso, quali la durata del soggiorno, l'esistenza di figli che frequentano la scuola e l'esistenza di altri legami familiari e sociali - o restringendolo.
 
La norma esonera gli Stati da tale obbligo se "sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare e' stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un pericolo per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale". In pratica una norma vuota, che gli Stati possono "riempire" a proprio piacimento, soprattutto se si considera che la stessa direttiva definisce pericolo di fuga: "l'esistenza in un caso particolare di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga"; quasi sempre dunque. L'attuale disciplina italiana prevede che l'allontanamento dal territorio sia sempre disposto con decreto motivato immediatamente esecutivo: siamo fuori "parametri UE", ma bastera' specificare che tale modalita' di allontanamento sia adottata quando sussiste pericolo di fuga, per "rientrarvi". Per il diritto italiano dunque cambiera' ben poco.
 
Traduzione degli atti
 
E' uno dei punti a mio avviso piu' scandalosi della direttiva, che viola il diritto di difesa giudiziale stabilita non solo nella maggior parte delle legislazioni nazionali, ma soprattutto nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Per l'Unione Europea non e' infatti assolutamente indispensabile che lo straniero espulso ben comprenda cosa gli sta accadendo, posto che la traduzione degli atti relativi al procedimento di espulsione (oggi in Italia obbligatoria e per iscritto) non e' obbligatoria ma "eventuale", se richiesta dallo straniero stesso. E anche qualora lo straniero la richieda, puo' essergli fatta "oralmente", non necessariamente per iscritto; stessa filosofia per le informazioni relative alle modalita' di impugnazione dell'espulsione: vengono fornite solo su eventuale richiesta dello straniero (che magari nemmeno immagina di poterlo fare), possono essere anche solo orali, e non necessariamente nella lingua dello straniero ma e' sufficiente tradurle in un lingua che si possa "ragionevolmente" ritener conosciuta dallo stesso.
 
Divieto di ingresso a seguito dell'espulsione
 
Attualmente in Italia lo straniero espulso non puo' rientrarvi regolarmente prima che siano trascorsi dieci anni dall'espulsione, e comunque fornendo la prova di essersi effettivamente allontanato dall'Italia. La direttiva abbassa questa soglia a cinque anni, consentendo pero' tempi maggiori (si badi bene, non specificati) qualora il "cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale".
 
Rimpatrio e allontanamento di minori non accompagnati
 
Attualmente in Italia, ed in ossequio alle norme di diritto internazionale e nazionale a protezione dell'infanzia, i minorenni stranieri non sono espellibili. La direttiva, in spregio alle convenzioni internazionali che tutelano l'infanzia e l'adolescenza – prima fra tutte la Convenzione Onu dei diritti dell’infanzia e dall’adolescenza - consente l'espulsione anche dei minori.
 
Tempi massimi di detenzione nei Centri di Permanenza Temporanea
 
Le disposizioni che meritano maggior attenzione riguardano sicuramente la possibilita' di disporre il trattenimento presso i centri di permanenza temporanea (in Italia i futuri Centri di identificazione ed espulsione, ma la sostanza e' la stessa) fino ad un periodo massimo di 18 mesi. Per comprendere lo spirito della direttiva, merita sottolineare che al momento i tempi massimi di detenzione nei centri di permanenza temporanea in Europa variano da 32 giorni in Francia fino a 20 mesi in Latvia, e sette Paesi consentono una durata indeterminata di tale detenzione. Si arriva dunque a consentire agli Stati membri il trattenimento forzato nei CPT per un anno e mezzo, con la ben magra "consolazione" che nel corso di questo lungo periodo sia riesaminato da un giudice "ad intervalli di tempo ragionevoli".
 
La direttiva istituzionalizza a livello europeo la detenzione amministrativa senza che la persona abbia commesso alcun reato; prevede che in assenza di posti nei cpt gli stranieri possano essere tradotti nelle carceri nazionali, tenendoli separati dai detenuti "ordinari"; chiama "temporanea" una detenzione illegittima che puo' arrivare a durare addirittura un anno e mezzo;
 
I migranti vengono criminalizzati, privati della loro liberta', rinchiusi in luoghi disumani e degradanti, senza aver commesso alcun reato, senza che sia stata emessa nei loro confronti alcuna condanna, ma solo per aver violato una norma amministrativa sull'ingresso in Europa.
  
Il risultato dei lavori del Parlamento e del Consiglio e' a nostro avviso ben piu' che un fallimento, ben piu' che una grave battuta d'arresto nella tutela dei diritti umani. E' una regressione drammatica, che riporta l'Europa al periodo del secondo dopoguerra, prima ancora che venisse adottata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, anno in cui inizio' la fase di evoluzione piu' significativa dei diritti umani, che ha poi condotto alla adozione della Convenzione europea sui diritti dell'uomo (1950), della Convenzione interamericana dei diritti dell'uomo (1969), delle rispettive Corti.
 
L'Europa ha scelto di dimenticare che "Ogni individuo ha diritto alla liberta' di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese" (art. 13 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948); ha scelto di dimenticarsi dell’art. 6 della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo che afferma che tutti gli esseri umani, compresi i migranti irregolari, hanno diritto ad un processo equo, alla presunzione di innocenza fino ad una condanna (penale) e ad un ricorso effettivo.
 
La direttiva (cosi' come la previsione attualmente in discussione nel Parlamento italiano) consentendo la detenzione fino a 18 mesi senza che la persona abbia commesso alcun reato, viola uno dei diritti umani fondamentali, la liberta' personale, che la nostra costituzione tutela all'art. 13, nonche' l'art. 24 che sancisce il diritto di difesa.
 
Gia' nel 2001 la Corte Costituzionale fu chiamata ad intervenire a tutela della liberta' personale degli stranieri ribadendo che "per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici, per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico, connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani".
 
Se la normativa europea verra' recepita in Italia, come ormai sembra ovvio, non restera' che rivolgersi, nuovamente, alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nel tantativo di cancellare quella che ormai e' definita "la direttiva della vergogna".
 
 
Segue il Testo della Direttiva:
 
Direttiva recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente
 
 
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
 
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b),
vista la proposta della Commissione,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(1) ,
considerando quanto segue:
 
(1) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha istituito un approccio coerente in materia di migrazione e asilo, finalizzato alla creazione di un regime comune in materia di asilo e di una politica per l'immigrazione legale nonché alla lotta contro l'immigrazione clandestina.
(2) Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l'istituzione di un'efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni perché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.
(3) Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha adottato il 4 maggio 2005 "Venti orientamenti sul rimpatrio forzato" (CM(2005)40).
(4) Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace che sia elemento necessario di una politica d'immigrazione opportunamente gestita.
(5) È opportuno che la presente direttiva introduca un corpus di norme orizzontali, applicabile ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza in uno Stato membro.
(6) È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto dell'Unione europea, le decisioni adottate ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere applicate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare . Quando utilizzano modelli uniformi per una decisione connessa al rimpatrio, gli Stati membri dovrebbero rispettare tale principio e osservare pienamente tutte le disposizioni applicabili della presente direttiva.
(7) Al fine di agevolare la procedura di rimpatrio, si sottolinea la necessità di accordi comunitari e bilaterali di riammissione con i paesi terzi. La cooperazione internazionale con i paesi d'origine in tutte le fasi della procedura di rimpatrio è una condizione preliminare per un rimpatrio sostenibile.
(8) Si riconosce che è legittimo che gli Stati membri procedano al rimpatrio di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare. Il presupposto di questo assunto è che esistano regimi in materia di asilo giusti ed efficienti che rispettino pienamente il principio di non-refoulement.
(9) In conformità della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (2) , il cittadino di un paese terzo che ha chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato in posizione irregolare nel territorio dello Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda d'asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo.
(10) Se non vi è motivo di ritenere che ciò possa compromettere la finalità della procedura di rimpatrio, si deve preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato e concedere un termine per la partenza volontaria. È opportuno prevedere una proroga del periodo per la partenza volontaria allorché lo si ritenga necessario in ragione delle circostanze specifiche di singoli casi. Al fine di promuovere il rimpatrio volontario, gli Stati membri dovrebbero prevedere maggiore assistenza e consulenza al rimpatrio e sfruttare al meglio le relative possibilità di finanziamento offerte dal Fondo europeo per i rimpatri.
(11) Occorre stabilire garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni connesse al rimpatrio per la protezione effettiva degli interessi delle persone interessate . È opportuno garantire la necessaria assistenza legale a chi non disponga delle risorse sufficienti. Gli Stati membri dovrebbero determinare nella legislazione nazionale i casi in cui l'assistenza legale è da ritenersi necessaria.
(12) È necessario occuparsi della situazione dei cittadini di paesi terzi che sono in posizione irregolare ma che non è ancora possibile allontanare. Le condizioni basilari per il loro sostentamento dovrebbero essere definite conformemente alla legislazione nazionale. Per poter dimostrare la loro situazione specifica in caso di verifiche o controlli amministrativi, tali persone dovrebbero essere munite di una conferma scritta. Gli Stati membri dovrebbero godere di un'ampia discrezionalità quanto al modello e al formato della conferma scritta e possono anche includerla in decisioni connesse al rimpatrio adottate ai sensi della presente direttiva .
(13) È auspicabile che l'uso di misure coercitive sia espressamente subordinato al rispetto dei principi di proporzionalità e di efficacia con riguardo ai mezzi adottati e agli obiettivi perseguiti. Occorre stabilire garanzie minime per l'esecuzione del rimpatrio forzato alla luce della decisione 2004/573/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all'organizzazione di voli congiunti per l'allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o più Stati membri(3) . Gli Stati membri dovrebbero poter disporre di diverse possibilità per monitorare il rimpatrio forzato.
(14) Occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto d'ingresso che proibisca l'ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri. È opportuno che la durata del divieto d'ingresso sia determinata alla luce di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso e non superi, di norma, i cinque anni. In tale contesto, occorre tenere conto in modo particolare del fatto che il cittadino di un paese terzo interessato sia già stato destinatario di più di una decisione di rimpatrio o provvedimento di allontanamento o sia entrato nel territorio di uno Stato membro mentre vigeva un divieto d'ingresso.
(15) Dovrebbe spettare agli Stati membri stabilire se le decisioni di revisione connesse al rimpatrio implichino o meno la facoltà per l'autorità o l'organo preposto alla revisione di prendere la loro decisione riguardo al rimpatrio in sostituzione di quella precedente.
(16) È auspicabile che il ricorso al trattenimento ai fini dell'allontanamento sia limitato e subordinato al rispetto del principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi adottati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l'allontanamento e se l'uso di misure meno coercitive è insufficiente.
(17) I cittadini di paesi terzi che sono trattenuti dovrebbero essere trattati in modo umano e dignitoso, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità del diritto nazionale e internazionale. Fatto salvo l'arresto iniziale da parte delle autorità incaricate dell'applicazione della legge, disciplinato dal diritto nazionale, il trattenimento dovrebbe di norma avvenire presso gli appositi centri di permanenza temporanea.
(18) Gli Stati membri dovrebbero disporre di un accesso rapido alle informazioni riguardanti i divieti d'ingresso di altri Stati membri. Tale scambio di informazioni dovrebbe svolgersi a norma del regolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) (4) .
(19) La cooperazione tra le istituzioni coinvolte a tutti i livelli nella procedura di rimpatrio nonché lo scambio e la promozione delle migliori prassi dovrebbero accompagnare l'attuazione della presente direttiva e assicurare un valore aggiunto europeo.
(20) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, ossia disporre norme comuni riguardanti il rimpatrio, l'allontanamento, l'uso di misure coercitive, il trattenimento e i divieti d'ingresso , non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque , a causa delle dimensioni e degli effetti dell"intervento , essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall "articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo , in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo .
(21) Gli Stati membri dovrebbero attuare le disposizioni della presente direttiva senza operare discriminazioni fondate sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale .
(22) In linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, l'interesse superiore del minore" dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri quando attuano la presente direttiva. In linea con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il rispetto della vita familiare dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri quando attuano la presente direttiva.
(23) L'applicazione della presente direttiva non pregiudica gli obblighi derivanti dalla convenzione di Ginevra, del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967.
(24) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
(25) Ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente direttiva, che non la vincola né è ad essa applicabile. Poiché la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen(5) , la Danimarca decide, a norma dell'articolo 5 del suddetto protocollo, entro sei mesi dall'adozione della presente direttiva, se intende recepirla nel suo diritto interno.
(26)   Applicandosi ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d'ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen cui il Regno Unito non aderisce, ai sensi della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (6) ; inoltre, ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e fatto salvo l'articolo 4 di tale protocollo, il Regno Unito non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non ne è in alcun modo vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.
(27) Applicandosi ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d'ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen cui l'Irlanda non aderisce, ai sensi della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (7) ; inoltre, ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e fatto salvo l'articolo 4 di tale protocollo, l'Irlanda non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non ne è in alcun modo vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(28) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, la presente direttiva, in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso tra il Consiglio dell'Unione europea e la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen, che rientra nel settore contemplato all'articolo 1, punto C, della decisione 1999/437/CE(8) del Consiglio relativa ad alcune modalità per l'applicazione del suddetto accordo.
(29) Per quanto riguarda la Svizzera, la presente direttiva, in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera, riguardante l'associazione di quest'ultima all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen(9) , che rientrano nel settore di cui all'articolo 1 , punto C della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l'articolo 3 della decisione 2008/146/CE del Consiglio(10).
(30) Per quanto riguarda il Liechtenstein, la presente direttiva, in quanto si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi del protocollo firmato dall'Unione europea, dalla Comunità europea, dalla Confederazione svizzera e dal Principato del Liechtenstein sull'adesione del Principato del Liechtenstein all'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (11) , che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto C della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l'articolo 3 della decisione 2008/261/CE del Consiglio (12) .
 
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
 
DISPOSIZIONI GENERALI
 
Articolo 1
Oggetto
 
La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti umani.
 
Articolo 2
Ambito di applicazione
 
1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi in posizione irregolare nel territorio di uno Stato membro.
 
2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:
 
a) sottoposti a respingimento alla frontiera, conformemente all'articolo 13 del codice frontiere Schengen, ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in relazione all'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro, e che non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro,
b) sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità con la legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.
 
3. La presente direttiva non si applica alle persone beneficiarie del diritto comunitario alla libera circolazione, definito all'articolo 2, paragrafo 5 del codice frontiere Schengen .
 
Articolo 3
Definizioni
 
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
 
   a) "cittadino di un paese terzo": chiunque non sia cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1 del trattato né persona beneficiaria del diritto comunitario alla libera circolazione, secondo quanto definito all'articolo 2, paragrafo 5 del codice frontiere Schengen;
   b) "soggiorno irregolare": la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d'ingresso di cui all'articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;
   c) "rimpatrio": il processo di ritorno, sia in adempimento volontario a un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:
– nel proprio paese di origine, o
– in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o
– in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato;
   d) "decisione di rimpatrio": decisione o atto amministrativo o giudiziario che dichiari l'illegalità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o stabilisca l'obbligo di rimpatrio;
   e) "allontanamento": l'esecuzione dell'obbligo di rimpatrio comportante il trasporto fisico fuori dal paese;
   f) "divieto d 'ingresso" : decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieta l'ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per uno specificato periodo che accompagna una decisione di rimpatrio;
g) "rischio di fuga": l'esistenza in un caso particolare di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga;
   h) "partenza volontaria": l'adempimento dell'obbligo di rimpatrio entro il termine fissato a tale scopo nella decisione di rimpatrio;   
i) "persone vulnerabili": i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
 
Articolo 4
Disposizioni più favorevoli
 
1. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli vigenti in forza di:
 
   a) accordi bilaterali o multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;
   b) accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.
 
2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dall'acquis comunitario in materia di immigrazione e di asilo.
 
3. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni nazionali più favorevoli alle categorie di persone cui si applica, purché compatibili con le norme in essa stabilite.
 
4. Per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva conformemente all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), gli Stati membri:
 
– provvedono affinché siano loro riservati un trattamento e un livello di protezione non meno favorevoli di quanto disposto all'articolo 8, paragrafi 4 e 5 (limitazione dell'uso di misure coercitive), all'articolo 9, paragrafo 2, primo trattino (rinvio dell'allontanamento), all'articolo 14, paragrafo 1, secondo e quarto trattino (pronto soccorso e presa in considerazione delle esigenze delle persone vulnerabili) e agli articoli 16 e 17 (condizioni di trattenimento) e
 
   – rispettano il principio di non-refoulement.
 
Articolo 5
Non-refoulement, interesse superiore del minore, vita familiare e condizioni di salute
 
Quando applicano la presente direttiva, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione:
 
   a) l'interesse superiore del bambino,
   b) la vita familiare,
   c) le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato, e rispettano il principio di non-refoulement.
 
Articolo 6
Decisione di rimpatrio
 
1. Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo in posizione irregolare nel loro territorio, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2, 3, 4 e 5 .
 
2 . Un cittadino di un paese terzo in posizione irregolare nel territorio di uno Stato membro e in possesso di un permesso di soggiorno valido o di altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi senza indugio nel territorio di quest'ultimo. In caso di mancata osservanza di questa prescrizione da parte del cittadino di un paese terzo interessato ovvero qualora motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico impongano la sua immediata partenza, si applica il paragrafo 1.
 
3. Gli Stati membri possono astenersi dal decidere il rimpatrio di un cittadino di un paese terzo in posizione irregolare nel proprio territorio qualora accordi o intese bilaterali vigenti alla data di entrata in vigore della presente direttiva prevedano che il cittadino in questione possa essere riconsegnato ad un altro Stato membro. In tal caso lo Stato membro cui è stato riconsegnato il cittadino in questione applica il paragrafo 1.
 
4 . In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura a un cittadino di un paese terzo in posizione irregolare nel loro territorio. In questi casi la decisione di rimpatrio non è presa. Qualora sia già stata presa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.
 
5 . Qualora un cittadino di un paese terzo in posizione irregolare nel territorio di uno Stato membro abbia iniziato una procedura per il rinnovo del proprio permesso di soggiorno o di altro permesso conferente il diritto di soggiornare, lo Stato membro in questione valuta l'opportunità di astenersi dal decidere il rimpatrio fino al completamento della procedura, fatto salvo il paragrafo 6.
 
6. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l'allontanamento e/o il divieto di ingresso in un'unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III della presente direttiva e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale.
 
Articolo 7
Partenza volontaria
 
1. La decisione di rimpatrio fissa un periodo congruo per la partenza volontaria di durata compresa tra sette giorni e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Stati membri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare tale richiesta.
 
Il periodo previsto non esclude la possibilità per i cittadini di paesi terzi interessati di partire prima.
 
2. Gli Stati membri prorogano, ove necessario, il periodo per la partenza volontaria in modo congruo, tenendo conto delle circostanze specifiche del singolo caso, quali la durata del soggiorno, l'esistenza di figli che frequentano la scuola e l'esistenza di altri legami familiari e sociali.
 
3. Per la durata del periodo, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.
 
4. Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un pericolo per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni.
 
Articolo 8
Allontanamento
 
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell'articolo 7 o per mancato adempimento dell'obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso conformemente all'articolo 7.
 
2. Qualora lo Stato membro abbia concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell'articolo 7, la decisione di rimpatrio può essere eseguita unicamente alla scadenza di tale periodo, a meno che nel periodo in questione non sorga un rischio di cui all'articolo 7, paragrafo 4.
 
3. Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordina l'allontanamento.
 
4. Ove gli Stati membri ricorrano in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non eccedono un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in ottemperanza ai diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell'integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.
 
5 . Nell'effettuare l'allontanamento per via aerea, gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza per l'allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.
 
6. Gli Stati membri prevedono un sistema di monitoraggio efficace dei rimpatri forzati.
 
Articolo 9
Rinvio dell'allontanamento
 
1. Gli Stati membri rinviano l'allontanamento:
 
– qualora esso violi il principio di non-refoulement oppure
 
– purché sia concesso l'effetto sospensivo conformemente all'articolo 13, paragrafo 2.
 
2. Gli Stati membri possono rinviare l'allontanamento per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche per ciascun caso. Gli Stati membri tengono conto in particolare:
 
– delle condizioni fisiche o mentali della persona ;
 
– delle ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o il mancato allontanamento a causa dell'assenza di identificazione.
 
3. Ove sia disposto il rinvio dell'allontanamento a norma dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di un paese terzo interessato possono essere imposti gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 3 .
 
Articolo 10
Rimpatrio e allontanamento di minori non accompagnati
 
1. Prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, è fornita un'assistenza da parte di organismi appropriati diversi delle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l'interesse superiore del minore.
 
2. Prima di allontanare un minore non accompagnato dal loro territorio, le autorità dello Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di ritorno.
 
Articolo 11
Divieto d'ingresso
 
1. Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto di ingresso:
 
– qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria oppure
 
– qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio.
 
In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d'ingresso.
 
2. La durata del divieto d'ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può superare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale.
 
3. Gli Stati membri valutano la possibilità di revocare o sospendere un divieto d'ingresso qualora un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto di ingresso disposto in conformità del paragrafo 1, secondo comma possa dimostrare di aver lasciato il territorio di uno Stato membro in piena ottemperanza ad una decisione di rimpatrio.
 
Le vittime della tratta di esseri umani cui è stato concesso un permesso di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti (13) non sono soggette a divieto di ingresso fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, primo comma, secondo trattino e purché il cittadino di un paese terzo in questione non rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.
 
Gli Stati membri possono astenersi dall'imporre un divieto di ingresso, revocarlo o sospenderlo in singoli casi, per motivi umanitari.
 
Gli Stati membri possono revocare o sospendere un divieto di ingresso in singoli casi o in talune categorie di casi per altri motivi.
 
4. Qualora uno Stato membro preveda di rilasciare un permesso di soggiorno o altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto di ingresso disposto da un altro Stato membro, esso consulta preliminarmente lo Stato membro che lo ha disposto e tiene conto degli interessi di quest'ultimo in conformità delle disposizioni dell'articolo 25 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen.
 
5. I paragrafi da 1 a 4 non pregiudicano il diritto alla protezione internazionale, quale definita all'articolo 2, lettera a) della direttiva 2004/83/CE, negli Stati membri .
 
Articolo 12
Forma
 
1. La decisione di rimpatrio e – se prese – la decisione di divieto di ingresso e la decisione di allontanamento sono adottate in forma scritta, motivate in fatto e in diritto e informano altresì sulle modalità di impugnazione disponibili.
 
Le informazioni sui motivi in fatto possono essere ridotte laddove la legislazione nazionale consenta che il diritto di informazione sia limitato, in particolare per salvaguardare la sicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza e la prevenzione, la ricerca, l'accertamento e il perseguimento di reati.
 
2. Gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla traduzione scritta o orale dei principali elementi delle decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1, incluse le modalità di impugnazione disponibili, in una lingua comprensibile per il cittadino di un paese terzo o che si può ragionevolmente supporre tale .
 
3 . Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 2 per quanto concerne le persone che sono entrate illegalmente nel territorio di uno Stato membro e non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato.
 
In tal caso le decisioni relative al rimpatrio, di cui al paragrafo 1, sono adottate per mezzo di un modello uniforme previsto in conformità della legislazione nazionale.
 
Gli Stati membri rendono disponibili schede informative generalizzate che espongono gli elementi principali del modello uniforme in almeno cinque delle lingue più frequentemente utilizzate o comprese dagli immigrati che entrano illegalmente nel proprio territorio.
 
Articolo 13
Mezzi di ricorso
 
1. Al cittadino di un paese terzo interessato vengono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio, di cui all'articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente, composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza .
 
2. L'autorità o l'organo summenzionato ha la facoltà di rivedere decisioni connesse al rimpatrio, di cui all'articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l'esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno.
 
3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e può , ove necessario, avvalersi di un'assistenza linguistica.
 
4 . Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su richiesta, un'assistenza e/o rappresentanza legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o normativa nazionale in materia e possono disporre che l'assistenza e/o rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni di cui all'articolo 15, paragrafo dal 3 al 6, della direttiva 2008/85/CE del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
 
Articolo 14
Garanzie prima del rimpatrio
 
1. Gli Stati membri provvedono, tranne che per la situazione di cui agli articoli 16 e 17, affinché si tenga conto il più possibile dei seguenti principi in relazione ai cittadini di paesi terzi durante il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell'articolo 7 bis e durante i periodi per i quali l'allontanamento è stato differito ai sensi dell'articolo 9:
 
– è mantenuta l'unità del nucleo familiare per quanto riguarda i membri della famiglia presenti nel territorio;
 
– sono assicurati le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale delle malattie;
 
– è garantito l'accesso al sistema educativo di base per i minori, tenuto conto della durata del soggiorno;
 
– si tiene conto delle esigenze particolari delle persone vulnerabili.
 
2. Gli Stati membri confermano per iscritto alle persone di cui al paragrafo 1, conformemente alla legislazione nazionale, che il periodo per la partenza volontaria è stato prorogato ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2 o che l'esecuzione della decisione di rimpatrio è temporaneamente sospesa.
 
Articolo 15
Trattenimento
 
1. Salvo se nel caso concreto possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento specie quando:
 
– sussiste un rischio di fuga o
 
– il cittadino del paese terzo evita o ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento.
 
Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.
 
2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie.
 
Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto.
 
Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:
 
– prevedono che si disponga un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,
 
– oppure accordano al cittadino del paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre la legittimità del trattenimento ad un pronto riesame giudiziario da disporre entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento; in tal caso, gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale domanda.
 
Il cittadino del paese terzo è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.
 
3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino in questione di un paese terzo o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati, il riesame è sottoposto al controllo di un'autorità giudiziaria.
 
4 . Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente liberata.
 
5 . Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.
 
6 . Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5 salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante siano stati compiuti tutti gli sforzi che è lecito aspettarsi, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa
 
– della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo o
 
– dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.
 
Articolo 16
Condizioni di trattenimento
 
1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.
 
2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilità - su richiesta - di entrare, a tempo debito, in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti.
 
3. Particolare attenzione è prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale delle malattie.
 
4. Le pertinenti e competenti organizzazioni ed organismi nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformità del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.
 
5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Ciò comprende informazioni sul loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con le organizzazioni e gli organismi di cui al paragrafo 4.
 
Articolo 17
Trattenimento di minori e famiglie
 
1. I minori non accompagnati e le famiglie con minori sono trattenuti solo in mancanza di altra soluzione e per un periodo il più possibile breve in funzione delle circostanze.
 
2. Le famiglie trattenute in attesa di allontanamento usufruiscono di una sistemazione separata che assicuri loro un adeguato rispetto della vita privata.
 
3. Ai minori trattenuti è offerta la possibilità di svolgere attività di tempo libero, compresi il gioco e le attività ricreative, consone alla loro età e, in funzione della durata della permanenza, l'accesso all'istruzione.
 
4. Ai minori non accompagnati è fornita, per quanto possibile, una sistemazione in istituti dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone della loro età.
 
5. Il prevalente interesse del minore costituisce un criterio fondamentale per il trattenimento dei minori in attesa di allontanamento.
 
Articolo 18
Situazioni di emergenza
 
1. Nei casi in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da rimpatriare comporta un notevole aggravio imprevisto per la capacità dei centri di permanenza temporanea di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario, detto Stato membro può, sino a quando persiste la situazione anomala, decidere di accordare per il riesame giudiziario periodi di tempo superiori a quelli previsti all'articolo 15, paragrafo 2 e prendere misure urgenti quanto alle condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste all'articolo 16, paragrafo 1 e all'articolo 17, paragrafo 2.
 
2. All'atto di ricorrere a tali misure eccezionali, lo Stato membro in questione ne informa la Commissione. Quest'ultima è informata anche non appena cessano di sussistere i motivi che hanno determinato l'applicazione delle suddette misure eccezionali.
 
3. Nulla nel presente articolo è interpretato nel senso che gli Stati membri siano autorizzati a derogare al loro obbligo generale di adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
 
Articolo 19
Relazione
 
La Commissione riferisce ogni tre anni al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone, se del caso, le modifiche necessarie .
 
La Commissione presenta la prima relazione entro tre anni dalla data di cui all"articolo 20 , paragrafo 1, incentrandola in particolare sull'applicazione dell'articolo 11, dell'articolo 13, paragrafo 4, e dell'articolo 15 negli Stati membri . Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, la Commissione valuta in particolare l'ulteriore impatto finanziario e amministrativo negli Stati membri.
 
Articolo 20
Attuazione
 
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro … (14) . Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, normative e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il ...(15) *. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
 
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
 
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
 
Articolo 21
Relazione con la convenzione Schengen
 
La presente direttiva sostituisce le disposizioni degli articoli 23 e 24 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen.
 
Articolo 22
Entrata in vigore
 
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
 
Articolo 23
Destinatari
 
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
 
 
Per il Parlamento europeo Per il Consiglio
 
Il Presidente Il Presidente
 
ALLEGATO
 
Dichiarazioni relative al processo verbale del Consiglio in sede di adozione dell'atto
 
1. Il Consiglio afferma che l'attuazione della presente direttiva non deve essere utilizzata di per sé come pretesto per giustificare l'introduzione di disposizioni meno favorevoli ai soggetti cui si applica.
 
2. La Commissione dichiara che il riesame del SIS II (previsto dalla clausola di riesame di cui all'articolo 24, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1987/2006) offrirà l'occasione di proporre l'obbligo di registrare nel SIS i divieti di ingresso emanati a norma della presente direttiva.
 
3. La Commissione si impegna, in uno spirito di solidarietà, ad assistere gli Stati membri nell'individuare la possibilità di alleviare l'onere finanziario imputabile all'attuazione dell'articolo 13, paragrafo 4 (gratuito patrocinio) negli Stati membri.
 
La Commissione sottolinea che, nell'ambito del Fondo europeo per i rimpatri (decisione n. 575/2007/CE) esiste la possibilità di finanziare interventi nazionali intesi a promuovere l'applicazione dell'articolo 13, paragrafo 4 (gratuito patrocinio) negli Stati membri:
 
– tra le azioni inerenti all'obiettivo specifico di "promuovere un'applicazione efficace ed uniforme delle norme comuni concernenti il rimpatrio" (articolo 3, lettera c), può rientrare il sostegno mirato al "miglioramento della capacità delle autorità competenti di adottare decisioni qualitativamente valide in materia di rimpatrio nei tempi più brevi" (articolo 4, paragrafo 3, lettera a). La presenza di opportune garanzie giuridiche, tra cui il principio della parità di strumenti tra accusa e difesa ("armi pari"), rafforza la capacità di adottare decisioni qualitativamente valide;
 
- – conformemente alla priorità 4 degli orientamenti strategici per il Fondo europeo per i rimpatri (decisione n. 2007/837/CE), il contributo comunitario può essere portato fino a un massimo del 75% per interventi volti ad assicurare "un'equa ed efficace attuazione delle norme comuni" in materia di rimpatrio negli Stati membri. Ciò implica che i provvedimenti relativi al disposto dell'articolo 13, paragrafo 4 (gratuito patrocinio) possono beneficiare di un cofinanziamento massimo del 75% nell'ambito del Fondo europeo per i rimpatri.
 
La Commissione incoraggia gli Stati membri a tener conto di questo fatto in sede di scelta delle priorità per i programmi nazionali e di pianificazione degli interventi nell'ambito della priorità 4 degli orientamenti strategici.
 
4. La Commissione dichiara che, nella sua valutazione di cui all'articolo 19, paragrafo 2, intende esaminare l'ulteriore impatto sull'amministrazione della giustizia negli Stati membrif381
 
(1) Posizione del Parlamento europeo del 18 giugno 2008.
(2) GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13.
(3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 28.
(4) GU L 381 del 28.12.2006. pag. 4.
(5) GU L 105 del 13.4.2006. pag. 1.
(6) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43.
(7) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.
(8) GU L 176 del 10.7.1999. pag. 31.
(9) GU L 53 del 27.2.2008, pag. 52.
(10) GU L 53 del 27.2.2008, pag. 1.
(11) Il testo di tale strumento è disponibile al seguente indirizzo http://www.consilium.europa.eu/docCenter.asp?lang=en&cmsid=245 sotto il riferimento doc. 16462/06. 
(12) GU L 83 del 26.3.2008, pag. 3.
(13) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 19.
(14) * Ventiquattro mesi a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
(15) ** 36 mesi a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
 
 
Qui il link al testo in inglese della direttiva:
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