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Immigrazione. Sentenza Corte Giustizia Ue: preoccupatevi di allontanare i clandestini, non di chiuderli in carcere
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Articolo di Emmanuela Bertucci
28 aprile 2011 18:46
 
 La Corte di Giustizia dell'Unione Europea si e' finalmente pronunciata sul mancato recepimento da parte dell'Italia della Direttiva rimpatri. Secondo la Corte le norme italiane che puniscono con una pena da uno a quattro anni di carcere chi rimane in Italia dopo aver ricevuto una espulsione, sono contrarie al diritto dell'Unione Europea e di conseguenza i giudici penali italiani devono disapplicare il diritto italiano e assolvere gli imputati. Si tratta di una pena che ha un carattere di estremo rigore, ma che non serve assolutamente a raggiungere l'obiettivo che (l'Italia e) l'Unione Europea si prefigge in tema di espulsioni: ossia la rapida espulsione della persona straniera clandestina dal territorio dell'Unione.

Scopo degli Stati Membri deve essere l'effettiva espulsione dei clandestini, e far diventare reato la permanenza illegale non risolve il problema, ma semplicemente lo rimanda al momento il cui la pena sara' stata scontata: “Una tale pena, infatti, segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalità di applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito da detta direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare. In particolare, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 42 della sua presa di posizione, una normativa nazionale quale quella oggetto del procedimento principale può ostacolare l’applicazione delle misure di cui all’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 e ritardare l’esecuzione della decisione di rimpatrio.

L'Italia e' colpevole -si legge fra le righe della sentenza- di non essere stata in grado finora di procedere concretamente alle espulsioni, e ricorrere a causa di questa incapacita' alla criminalizzazione della clandestinita', e' contrario alle norme europee. Piuttosto che mettere in carcere i clandestini (aggiungiamo noi: a spese dei contribuenti che pagheranno il loro soggiorno nelle galere patrie) l'Italia deve adoperarsi attivamente per dare esecuzione ai rimpatri: “Ne consegue che gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo conformemente all’art. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286/1998, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale. Essi devono, invece, continuare ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti.”

Il ragionamento della Corte e' chiaro: preoccupatevi di allontanare i clandestini, non di chiuderli in carcere. All'indomani della entrata in vigore degli effetti diretti della Direttiva gia' molti giudici e Procure della Repubblica avevano iniziato a disapplicare il diritto italiano e quindi ad assolvere gli imputati dal reato di permanenza irregolare dopo l'espulsione, e la Corte ha avallato queste sentenze di assoluzione poiche' la direttiva e' sufficientemente precisa e dettagliata per essere direttamente applicata.

Cosa accadra' ora?
L'Italia deve assumersi la responsabilita' della propria inerzia, prima di tutto nei confronti dei propri cittadini e dell'Unione Europea. Non puo' continuare ad osteggiare le norme europee, poiche' ben presto la Commissione Europea potrebbe avviare contro l'Italia un procedimento di infrazione. Un tuffo nelle tasche degli italiani quindi, che tramite le loro tasse prima pagano le spese di mantenimento in carcere dei clandestini non espulsi, poi pagheranno anche salate multe per la violazione del diritto comunitario. L'Italia rischia infatti -al termine del procedimento di infrazione- anche una sanzione economica considerevole.

Dicevo, l'Italia non puo' restare inerte, ne' continuare a sbraitare contro la Comunita' europea che -per dirla con le parole del Ministro dell'Interno, Roberto Maroni - “di fatto di rendere impossibili le espulsioni” e “rende assolutamente inefficaci le politiche di contrasto all'immigrazione clandestina". La Corte sul punto e' stata chiara: l'immigrazione clandestina si contrasta eseguendo le espulsioni non incarcerando i clandestini per poi continuare a farli circolare liberamente in Italia a fine pena.

Urge immediatamente una riforma delle norme italiane, per evitare nuove condanne dell'Italia, nuove sanzioni economiche e richieste di risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempimento da parte dello Stato italiano.

Qui la sentenza della Corte Ue di Giustizia
 
 
 
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