caro mediatore,
premesso che Obama sta purtroppo fallendo nel suo
obiettivo di stabilire un dialogo con il mondo musulmano,
nonostante queste sue "aperture" c'è da dire che gli USA,
in quest caso, non sono un buon esempio . Il loro modello
accetta e incentiva l'esistenza di comunità spesso
impermeabili fra loro. E' un popolo variegato discendente da
pionieri di diversa provenienza. Noi Europei siamo nati in
stati/nazione e ci siamo uniti in comunità dapprima per
tutelare interessi economici (comunità per il carbone e
l'acciaio) poi per creare un mercato comune in cui vigessero
anche delle regole comuni per cio' che riguarda il diritto
dei lavoratori e di conseguenza la protezione sociale dei
lavoratori stessi e di tutti i cittadini.
Negli USA sono tollerati comportamenti e religioni
contrari ai principi costituzionali, per esempio riguardo
l'uguaglianza, ben prima dell'arrivo dei musulmani.
L'Europa si è andata liberando progressivamente del giogo
religioso, infatti lo sviluppo del pensiero è frutto della
messa in discussione dei dogmi della chiesa cristiana. Se
gli scienziati, i pensatori europei non si fossero opposti
al potere della chiesa a volte rischiando la propria vità,
non ci sarabbe stato il progresso scientifico, tecnologico e
sociale che c'è stato e che ha influenzato tutto
l'occidente.
(Anche nel mondo musulmano ci sono stati pensatori liberi ma
sono stati soppressi fisicamente o isolati pôliticamente
per cui tale sviluppo seppur alla loro portata non è stato
possibile, e purtroppo coloro che si oppongono al potere e
alle idee imposte e all'oscurantismo religioso sono messi a
tacere anche adesso).
Il modello europeo è dunque, pur con differenze da paese a
paese, un modello non comunitario e in cui la libertà
religiosa, e quella di non essere religiosi, sono sottomesse
al rispetto dei valori fondamentali.
Il problema, quando degli immigrati arrivano è che non
sappiamo affatto chi sono. Non si richiede nemmeno la fedina
penale del paese di origine. In Italia si arriva o
clandestinamente, o attraverso ricongiungimento familiare, o
per studio, oppure se si rientra nelle quote. Ma chi sono
queste persone, che storia hanno, aderiscono al nostro
modello sociale o vengono solo attirati dalla maggiore
ricchezza e dai servizi sociali più efficienti?
Non lo sappiamo!
Alcuni mettono in primo piano e ostentano la loro
appartenza etnica o religiosa (barba, djellaba, velo
islamico, niquab o burka ecc).
Essa è conosciuta mediaticamente come segno di oppressione
per le donne, per i cittadini degli stati di provenienza,
come segno di ostilità per l'occidente, come segno di
violenza e persino come condivisione delle idee dei
terroristi.
Non si puo' biasimare chi ha un atteggiamento di difesa.
Se alcuni danesi diventano improvvisamente folli e invece di
fare caricature cominciano a mettere bombe negli aerei, a
fare attentati, a opprimere le donne, a spacciare droga in
massa ecc.... avremmo paura di tutti i danesi, vedendoli
cambieremmo strada, non vorremmo più danesi da noi.
Peccato per quelli onesti che non hanno alcuna colpa.
Nel miliardo di musulmani che esistono nel mondo i violenti
e i disonesti sono solo una minoranza, certo ; ma noi non
possiamo sapere se coloro che vengono qui appartengono alla
maggoioranza silenziosa.
I nostri governi non ci danno garanzie di controllo.
Da un lato stimolano il razzismo e la paura per farsi
eleggere, parlano di tolleranza zero nei confronti degli
immigrati e dall’altro li fanno entrare e li regolarizzano
in massa senza controlli, per abassare il costo del lavoro e
per annullare anni di lotte sindacali,
Non tutti gli immigrati dei paesi musulmani sono come lei,
Mediatore, e vengono in Europa spinti dall’amore per un
paese e con l’intenzione di condividere la sua cultura e
il suo sistema societario. Molti vengon per approfittare
delle risorse e per avere più soldi (o a volte per
investirli perché già benestanti). Se poi non si adattano
e vogliono mantenere uno stile di vista in contrasto con la
socieà di accoglienza, se c’è anche un minimo rischio
che siano solidali con idee violente o contrarie ai nostri
principi, è comprensibile si voglia evitare di dar loro le
chiavi di edifici pubblici.
Meglio affrontare i problemi ed evitare il razzismo che far
finta che tutti sono buoni e bravi e avere paura di tutto.
12 gennaio 2010 18:39 - lucillafiaccola1796
Ma scartatevele quelle teste!!!! Non sono mica cavoli
acquistati al mercato! A me, a noi, non interessa sapere se
siete o non siete religiosi, nè a quale oppio
appartenete... è solo pubblicità
come quella dei preti che si camuffano in abiti civili... ma
con il quadretto bianco sul collo a mo' di collarino del
gatto... oppure che continuano a chiamarsi don... ecc.
Non attakka *! Sono melanzane vostre... e non ce le potete
imporre!
12 gennaio 2010 9:31 - mediatore culturale
cari amici
guardati come la pensano gli americani,chi combateno il
terrorismo musulmano,e non i musulmani,leggete i giornali
http://www.repubblica.it/persone/2009/12/09/news/col_velo_al
la_casa_bianca-1821865/
Col velo alla Casa Bianca
Trentasei anni, di origine egiziana, è tra i consiglieri
del presidente degli Stati Uniti : "Così spiegherò l'Islam
a Obama e all'America"
di FRANCESCA CAFERRI
Dalia Mogahed nello staff
Dalia Mogahed è la prima donna con il velo ad essere
entrata alla Casa Bianca. "Non posso dire di essere offesa
quando mi definiscono così - dice - ma preferirei che
l'attenzione fosse più sulle mie ricerche, sui motivi che
mi hanno portato a lavorare per il presidente. E non sul mio
velo. Ma ho imparato ad accettare il fatto che tutti
guardino quello. E che i media, soprattutto quelli arabi,
abbiano fatto di me il simbolo di una nuova Casa Bianca. Che
include, non esclude. E che rispetta l'Islam. Non ho scelto
di essere un simbolo: ma ho capito che posso usare questa
cosa per far capire chi sono io e cosa fanno i musulmani in
America".
Sorriso franco, capacità di mantenere la calma anche di
fronte agli attacchi e di non emozionarsi: neanche quando ha
ascoltato il suo presidente parlare al mondo arabo -
seguendo i suggerimenti che lei aveva dato - proprio
dall'Egitto, Paese che lei aveva lasciato bambina per
iniziare l'avventura che l'ha condotta alla Casa Bianca.
Questa è Dalia Mogahed, 36 anni, consigliere del presidente
Obama per i rapporti con il mondo musulmano e autrice di Who
speaks for Islam? un libro che negli Stati Uniti lo scorso
anno monopolizzò per settimane l'attenzione di giornali e
televisioni e che ora esce anche in Italia.
Alla Casa Bianca Mogahed è arrivata direttamente da Gallup,
uno dei più prestigiosi centri di ricerca americani: qui a
partire dal 2001 ha lavorato per cinque anni con il collega
John Esposito al più grande studio mai condotto sui
musulmani nel mondo. "In questi tempi di estreme tensioni e
di ostilità crescente, pochi libri sarebbero potuti
arrivare in un momento più giusto", disse quando i
risultati delle loro ricerche furono pubblicati negli Stati
Uniti il premio Nobel per la pace Desmond Tutu.
"Il nostro scopo - racconta Mogahed - era spostare il
dibattito sui musulmani in una direzione più costruttiva. A
lungo si è detto che il conflitto fra le società a
maggioranza musulmana e l'Occidente, e in particolare gli
Stati Uniti, era inevitabile. Il libro invece dimostra che
non è così. Lo fa facendo parlare la maggioranza
silenziosa dei musulmani, quella che non riesce a far uscire
la propria voce perché schiacciata da governi repressivi,
da media che non li considerano abbastanza interessanti, o
da pochi estremisti. E che dice che i punti di frizione fra
mondo islamico e Occidente, che pure ci sono, si concentrano
su politiche transitorie, non sui principi di fondo". E
molte altre cose: che la cosa che i musulmani ammirano di
più dell'Occidente è la libertà politica e di
espressione, che la maggior parte degli intervistati -
inclusi il 73% dei sauditi e l'89% degli iraniani -
ritengono che le donne dovrebbero godere degli stessi
diritti degli uomini. Che nei paesi a prevalenza musulmana
la maggior parte della gente condanna i fatti dell'11
settembre 2001 e che la minoranza che li giustifica e ha
un'opinione negativa degli Stati Uniti (7%) non è più
religiosa rispetto al resto della popolazione. E così
via.
Idee scontate, si potrebbe dire oggi, ma quando cominciarono
a circolare nell'America di Bush suonavano rivoluzionarie.
Tanto da catturare l'attenzione dell'allora senatore
dell'Illinois Barack Obama. "Quando il libro uscì mandammo
una copia a tutti i membri del Congresso - ricorda oggi
Mogahed - compreso lui. Ci rispose con un biglietto di
ringraziamento. Non lo conoscevamo, e non avevamo idea se lo
avrebbe letto o no. Ma dopo qualche tempo una persona che
era stata nel suo studio al Senato mi disse che il libro era
lì, in bella evidenza. Lo trovai un segno
incoraggiante".
Lo era così tanto che qualche mese dopo Obama, diventato
presidente, chiamò Mogahed a far parte del suo Adivorsy
Council on Faith-based and neighborhood partnership e ad
occuparne la poltrona più scottante: quella di consigliere
per le relazioni con il mondo musulmano. Uno dei dossier
chiave su cui si gioca il successo della presidenza Obama.
"Sono stata sorpresa quando mi hanno chiamato. E
naturalmente onorata. Il fatto che io porti il velo non ha
pesato nella scelta: quello che il presidente vuole è
ascoltare le voci dei musulmani, sapere cosa pensano
davvero. Per capirli. E per coinvolgere i musulmani
americani in una causa comune. Da subito l'impressione è
stata che le mie idee, come quelle di tutti coloro che
lavorano nel Consiglio, fossero accolte molto
seriamente".
Il compito più delicato del consigliere finora è stato
quello di tracciare le linee guida per il discorso del
Cairo, con cui Obama ha cercato di colmare il divario che
otto anni di presidenza Bush avevano creato fra gli Stati
Uniti e il mondo arabo: "Ho cercato di pensare cosa era al
cuore del conflitto e ho capito che dovevamo parlare di
rispetto. E delle scelte politiche degli Stati Uniti che non
piacciono ai musulmani. Non dovevamo "vendere" gli ideali
dell'America, perché la gente li conosce e li ammira già,
come dimostra la ricerca Gallup. Quello che serviva era
cambiare approccio: riconoscere l'importanza non della
nostra civiltà, ma di quella dei musulmani. La gente nel
mondo arabo non aveva bisogno di essere adulata, ma
riconosciuta. Di sentire che il loro punto di vista era
ascoltato, non ignorato. Ho passato le mie idee a chi scrive
i discorsi con il presidente: è stato bello vedere che sono
state accolte".
Dopo la gloria sono aumentate le polemiche: già colpita al
momento della sua nomina, Mogahed è stata presa di mira in
patria per essere apparsa in un programma tv insieme a un
membro di Hizbullah Tahrir, un gruppo considerato estremista
e per una sua presunta difesa della sharia. "È stata
un'esperienza istruttiva - dice lei ora - io parlavo dei
risultati della ricerca, e lui li ignorava per sfruttare
solo le cose utili alle sue idee. Prima sono stata attaccata
da lui, poi da quelli che mi hanno accusato di complicità
con gli estremisti: il che dimostra che quanto sia forte il
rifiuto di un vero dialogo, basato sui fatti".
Nel mondo arabo intanto si estesa anche a lei la delusione
che molti provano nei confronti di Obama, colpevole di molti
di non aver sbloccato il processo di pace in Medio Oriente e
di aver scelto di inviare nuove truppe in Afghanistan:
"Posso capire la delusione - spiega lei - ma quando il
presidente si è insediato le aspettative erano così alte
che riuscire a soddisfarle tutte era davvero difficile. Io
continuo a credere che fra qualche tempo, quando guarderemo
indietro a questo momento, lo vedremo ancora come una fase
di miglioramento".
Lei la sua parte continua a farla: negli Stati Uniti Who
speaks for Islam? è diventato un film che, dopo una prima
riservata a politici e analisti al Dipartimento di Stato a
Washington, sta girando con successo le sale e presto
arriverà in televisione. In contemporanea il libro arriva
in Europa: "Credo che sia positivo che questo lavoro esca da
voi proprio ora - conclude Mogahed - il referendum in
Svizzera potrebbe avere effetti anche sul resto del
continente, e penso che sia un bene che ci siano dati
scientifici a disposizione per smantellare miti infondati
come quello di un Vecchio continente che starebbe cadendo
nelle mani degli arabi. L'idea di Eurabia non riflette
l'evidenza empirica. E inoltre l'Europa ha bisogno di forza
di lavoro giovane per spingere l'economia: ed è un fatto
che questa forza lavoro è costituita oggi in buona parte da
immigrati o da cittadini di seconda generazione, le cui
origini sono in paesi musulmani. L'essere una nazione che
include, che è aperta al talento e al lavoro, ha reso gli
Stati Uniti il paese più importante del mondo. Dovreste
pensarci".
(09 dicembre 2009)
Ali dal Marocco,VUOLE BENE IL Maroccco perché e nato in
Marocco,ma inamorato de l'Italia,perché e cresciuto e
realisato in Italia
per questi motivi devo difendere l'Italia che amo
11 gennaio 2010 21:32 - mediatore culturale
cari signori
capisco la preocupazione della lega perche si preocupa della
sicurezza degli Italiani,però non deve fare il lavoro a
metà,io personalmente come immigrato marocchino in Italia
la vedo diversamente,devono impedire al ristorante Italiano
di avere in cucina un musulmano,perche crea un pericolo,chi
sa ,si quello chi ha cucinato per gli Italiani,si e sano o
velenoso? lo stesso chi pilota un aereo,anche di un altra
compania estera,non deve essere musulmano,chi ci dice,si li
viene il pallino in testa e crea un messacro,e va di mezzo
imprenditori,turisti,gente inocenti..e chi cura gli amalati
in ospedale ,non deve essere musulmano perche chi sa anche
lui.....e chi da assistenza agli anziani Italiani 24/24,chi
sa si si trova con l'anziano da solo cosa potrà fare... e
non solo bisogna assolutamente impedire i matrimoni con i
mussulmani,perche si perde una parte della cultura
Italiana,e stiamo attenti a dare la patente di guida a un
mussulmano,perche su la strada in mezzo agli Italiani,si
vuole e li viene qulque idea strana fa un disastro e vanno
di mezzo vite innocenti, faciamo una cosa fatta bene,questi
lavoratori immigrati mussulmani perche non cerciamo al meno
di impedirli di lavorare su ambienti dove ci sono i nostri
Italiani?sapete una cosa per fortuna non tutti gli Italiani
la pensano cosi,altrimente nessuno esce di casa per
lavorare,perchè rischia di incontrare il vurus del
mussulmano,la terra e fatta per sfamare tutti,ci metiamo
d'accordo per vivere,perché nessuno di noi e eterno,saluti
per chi ci ospità e per gli immigrati come me