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20 gennaio 2010 17:38 - LPLP
caro mediatore,
premesso che Obama sta purtroppo fallendo nel suo obiettivo di stabilire un dialogo con il mondo musulmano, nonostante queste sue "aperture" c'è da dire che gli USA, in quest caso, non sono un buon esempio . Il loro modello accetta e incentiva l'esistenza di comunità spesso impermeabili fra loro. E' un popolo variegato discendente da pionieri di diversa provenienza. Noi Europei siamo nati in stati/nazione e ci siamo uniti in comunità dapprima per tutelare interessi economici (comunità per il carbone e l'acciaio) poi per creare un mercato comune in cui vigessero anche delle regole comuni per cio' che riguarda il diritto dei lavoratori e di conseguenza la protezione sociale dei lavoratori stessi e di tutti i cittadini.
Negli USA sono tollerati comportamenti e religioni contrari ai principi costituzionali, per esempio riguardo l'uguaglianza, ben prima dell'arrivo dei musulmani.
L'Europa si è andata liberando progressivamente del giogo religioso, infatti lo sviluppo del pensiero è frutto della messa in discussione dei dogmi della chiesa cristiana. Se gli scienziati, i pensatori europei non si fossero opposti al potere della chiesa a volte rischiando la propria vità, non ci sarabbe stato il progresso scientifico, tecnologico e sociale che c'è stato e che ha influenzato tutto l'occidente.
(Anche nel mondo musulmano ci sono stati pensatori liberi ma sono stati soppressi fisicamente o isolati pôliticamente per cui tale sviluppo seppur alla loro portata non è stato possibile, e purtroppo coloro che si oppongono al potere e alle idee imposte e all'oscurantismo religioso sono messi a tacere anche adesso).
Il modello europeo è dunque, pur con differenze da paese a paese, un modello non comunitario e in cui la libertà religiosa, e quella di non essere religiosi, sono sottomesse al rispetto dei valori fondamentali.
Il problema, quando degli immigrati arrivano è che non sappiamo affatto chi sono. Non si richiede nemmeno la fedina penale del paese di origine. In Italia si arriva o clandestinamente, o attraverso ricongiungimento familiare, o per studio, oppure se si rientra nelle quote. Ma chi sono queste persone, che storia hanno, aderiscono al nostro modello sociale o vengono solo attirati dalla maggiore ricchezza e dai servizi sociali più efficienti?
Non lo sappiamo!
Alcuni mettono in primo piano e ostentano la loro appartenza etnica o religiosa (barba, djellaba, velo islamico, niquab o burka ecc).
Essa è conosciuta mediaticamente come segno di oppressione per le donne, per i cittadini degli stati di provenienza, come segno di ostilità per l'occidente, come segno di violenza e persino come condivisione delle idee dei terroristi.
Non si puo' biasimare chi ha un atteggiamento di difesa.
Se alcuni danesi diventano improvvisamente folli e invece di fare caricature cominciano a mettere bombe negli aerei, a fare attentati, a opprimere le donne, a spacciare droga in massa ecc.... avremmo paura di tutti i danesi, vedendoli cambieremmo strada, non vorremmo più danesi da noi. Peccato per quelli onesti che non hanno alcuna colpa.
Nel miliardo di musulmani che esistono nel mondo i violenti e i disonesti sono solo una minoranza, certo ; ma noi non possiamo sapere se coloro che vengono qui appartengono alla maggoioranza silenziosa.
I nostri governi non ci danno garanzie di controllo.
Da un lato stimolano il razzismo e la paura per farsi eleggere, parlano di tolleranza zero nei confronti degli immigrati e dall’altro li fanno entrare e li regolarizzano in massa senza controlli, per abassare il costo del lavoro e per annullare anni di lotte sindacali,
Non tutti gli immigrati dei paesi musulmani sono come lei, Mediatore, e vengono in Europa spinti dall’amore per un paese e con l’intenzione di condividere la sua cultura e il suo sistema societario. Molti vengon per approfittare delle risorse e per avere più soldi (o a volte per investirli perché già benestanti). Se poi non si adattano e vogliono mantenere uno stile di vista in contrasto con la socieà di accoglienza, se c’è anche un minimo rischio che siano solidali con idee violente o contrarie ai nostri principi, è comprensibile si voglia evitare di dar loro le chiavi di edifici pubblici.
Meglio affrontare i problemi ed evitare il razzismo che far finta che tutti sono buoni e bravi e avere paura di tutto.
12 gennaio 2010 18:39 - lucillafiaccola1796
Ma scartatevele quelle teste!!!! Non sono mica cavoli acquistati al mercato! A me, a noi, non interessa sapere se siete o non siete religiosi, nè a quale oppio appartenete... è solo pubblicità
come quella dei preti che si camuffano in abiti civili... ma con il quadretto bianco sul collo a mo' di collarino del gatto... oppure che continuano a chiamarsi don... ecc.
Non attakka *! Sono melanzane vostre... e non ce le potete imporre!
12 gennaio 2010 9:31 - mediatore culturale
cari amici
guardati come la pensano gli americani,chi combateno il terrorismo musulmano,e non i musulmani,leggete i giornali
http://www.repubblica.it/persone/2009/12/09/news/col_velo_al la_casa_bianca-1821865/

Col velo alla Casa Bianca
Trentasei anni, di origine egiziana, è tra i consiglieri del presidente degli Stati Uniti : "Così spiegherò l'Islam a Obama e all'America"
di FRANCESCA CAFERRI

Dalia Mogahed nello staff
Dalia Mogahed è la prima donna con il velo ad essere entrata alla Casa Bianca. "Non posso dire di essere offesa quando mi definiscono così - dice - ma preferirei che l'attenzione fosse più sulle mie ricerche, sui motivi che mi hanno portato a lavorare per il presidente. E non sul mio velo. Ma ho imparato ad accettare il fatto che tutti guardino quello. E che i media, soprattutto quelli arabi, abbiano fatto di me il simbolo di una nuova Casa Bianca. Che include, non esclude. E che rispetta l'Islam. Non ho scelto di essere un simbolo: ma ho capito che posso usare questa cosa per far capire chi sono io e cosa fanno i musulmani in America".

Sorriso franco, capacità di mantenere la calma anche di fronte agli attacchi e di non emozionarsi: neanche quando ha ascoltato il suo presidente parlare al mondo arabo - seguendo i suggerimenti che lei aveva dato - proprio dall'Egitto, Paese che lei aveva lasciato bambina per iniziare l'avventura che l'ha condotta alla Casa Bianca.

Questa è Dalia Mogahed, 36 anni, consigliere del presidente Obama per i rapporti con il mondo musulmano e autrice di Who speaks for Islam? un libro che negli Stati Uniti lo scorso anno monopolizzò per settimane l'attenzione di giornali e televisioni e che ora esce anche in Italia.

Alla Casa Bianca Mogahed è arrivata direttamente da Gallup, uno dei più prestigiosi centri di ricerca americani: qui a partire dal 2001 ha lavorato per cinque anni con il collega John Esposito al più grande studio mai condotto sui musulmani nel mondo. "In questi tempi di estreme tensioni e di ostilità crescente, pochi libri sarebbero potuti arrivare in un momento più giusto", disse quando i risultati delle loro ricerche furono pubblicati negli Stati Uniti il premio Nobel per la pace Desmond Tutu.

"Il nostro scopo - racconta Mogahed - era spostare il dibattito sui musulmani in una direzione più costruttiva. A lungo si è detto che il conflitto fra le società a maggioranza musulmana e l'Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, era inevitabile. Il libro invece dimostra che non è così. Lo fa facendo parlare la maggioranza silenziosa dei musulmani, quella che non riesce a far uscire la propria voce perché schiacciata da governi repressivi, da media che non li considerano abbastanza interessanti, o da pochi estremisti. E che dice che i punti di frizione fra mondo islamico e Occidente, che pure ci sono, si concentrano su politiche transitorie, non sui principi di fondo". E molte altre cose: che la cosa che i musulmani ammirano di più dell'Occidente è la libertà politica e di espressione, che la maggior parte degli intervistati - inclusi il 73% dei sauditi e l'89% degli iraniani - ritengono che le donne dovrebbero godere degli stessi diritti degli uomini. Che nei paesi a prevalenza musulmana la maggior parte della gente condanna i fatti dell'11 settembre 2001 e che la minoranza che li giustifica e ha un'opinione negativa degli Stati Uniti (7%) non è più religiosa rispetto al resto della popolazione. E così via.

Idee scontate, si potrebbe dire oggi, ma quando cominciarono a circolare nell'America di Bush suonavano rivoluzionarie. Tanto da catturare l'attenzione dell'allora senatore dell'Illinois Barack Obama. "Quando il libro uscì mandammo una copia a tutti i membri del Congresso - ricorda oggi Mogahed - compreso lui. Ci rispose con un biglietto di ringraziamento. Non lo conoscevamo, e non avevamo idea se lo avrebbe letto o no. Ma dopo qualche tempo una persona che era stata nel suo studio al Senato mi disse che il libro era lì, in bella evidenza. Lo trovai un segno incoraggiante".

Lo era così tanto che qualche mese dopo Obama, diventato presidente, chiamò Mogahed a far parte del suo Adivorsy Council on Faith-based and neighborhood partnership e ad occuparne la poltrona più scottante: quella di consigliere per le relazioni con il mondo musulmano. Uno dei dossier chiave su cui si gioca il successo della presidenza Obama. "Sono stata sorpresa quando mi hanno chiamato. E naturalmente onorata. Il fatto che io porti il velo non ha pesato nella scelta: quello che il presidente vuole è ascoltare le voci dei musulmani, sapere cosa pensano davvero. Per capirli. E per coinvolgere i musulmani americani in una causa comune. Da subito l'impressione è stata che le mie idee, come quelle di tutti coloro che lavorano nel Consiglio, fossero accolte molto seriamente".

Il compito più delicato del consigliere finora è stato quello di tracciare le linee guida per il discorso del Cairo, con cui Obama ha cercato di colmare il divario che otto anni di presidenza Bush avevano creato fra gli Stati Uniti e il mondo arabo: "Ho cercato di pensare cosa era al cuore del conflitto e ho capito che dovevamo parlare di rispetto. E delle scelte politiche degli Stati Uniti che non piacciono ai musulmani. Non dovevamo "vendere" gli ideali dell'America, perché la gente li conosce e li ammira già, come dimostra la ricerca Gallup. Quello che serviva era cambiare approccio: riconoscere l'importanza non della nostra civiltà, ma di quella dei musulmani. La gente nel mondo arabo non aveva bisogno di essere adulata, ma riconosciuta. Di sentire che il loro punto di vista era ascoltato, non ignorato. Ho passato le mie idee a chi scrive i discorsi con il presidente: è stato bello vedere che sono state accolte".

Dopo la gloria sono aumentate le polemiche: già colpita al momento della sua nomina, Mogahed è stata presa di mira in patria per essere apparsa in un programma tv insieme a un membro di Hizbullah Tahrir, un gruppo considerato estremista e per una sua presunta difesa della sharia. "È stata un'esperienza istruttiva - dice lei ora - io parlavo dei risultati della ricerca, e lui li ignorava per sfruttare solo le cose utili alle sue idee. Prima sono stata attaccata da lui, poi da quelli che mi hanno accusato di complicità con gli estremisti: il che dimostra che quanto sia forte il rifiuto di un vero dialogo, basato sui fatti".

Nel mondo arabo intanto si estesa anche a lei la delusione che molti provano nei confronti di Obama, colpevole di molti di non aver sbloccato il processo di pace in Medio Oriente e di aver scelto di inviare nuove truppe in Afghanistan: "Posso capire la delusione - spiega lei - ma quando il presidente si è insediato le aspettative erano così alte che riuscire a soddisfarle tutte era davvero difficile. Io continuo a credere che fra qualche tempo, quando guarderemo indietro a questo momento, lo vedremo ancora come una fase di miglioramento".

Lei la sua parte continua a farla: negli Stati Uniti Who speaks for Islam? è diventato un film che, dopo una prima riservata a politici e analisti al Dipartimento di Stato a Washington, sta girando con successo le sale e presto arriverà in televisione. In contemporanea il libro arriva in Europa: "Credo che sia positivo che questo lavoro esca da voi proprio ora - conclude Mogahed - il referendum in Svizzera potrebbe avere effetti anche sul resto del continente, e penso che sia un bene che ci siano dati scientifici a disposizione per smantellare miti infondati come quello di un Vecchio continente che starebbe cadendo nelle mani degli arabi. L'idea di Eurabia non riflette l'evidenza empirica. E inoltre l'Europa ha bisogno di forza di lavoro giovane per spingere l'economia: ed è un fatto che questa forza lavoro è costituita oggi in buona parte da immigrati o da cittadini di seconda generazione, le cui origini sono in paesi musulmani. L'essere una nazione che include, che è aperta al talento e al lavoro, ha reso gli Stati Uniti il paese più importante del mondo. Dovreste pensarci".
(09 dicembre 2009)
Ali dal Marocco,VUOLE BENE IL Maroccco perché e nato in Marocco,ma inamorato de l'Italia,perché e cresciuto e realisato in Italia
per questi motivi devo difendere l'Italia che amo
11 gennaio 2010 21:32 - mediatore culturale
cari signori
capisco la preocupazione della lega perche si preocupa della sicurezza degli Italiani,però non deve fare il lavoro a metà,io personalmente come immigrato marocchino in Italia la vedo diversamente,devono impedire al ristorante Italiano di avere in cucina un musulmano,perche crea un pericolo,chi sa ,si quello chi ha cucinato per gli Italiani,si e sano o velenoso? lo stesso chi pilota un aereo,anche di un altra compania estera,non deve essere musulmano,chi ci dice,si li viene il pallino in testa e crea un messacro,e va di mezzo imprenditori,turisti,gente inocenti..e chi cura gli amalati in ospedale ,non deve essere musulmano perche chi sa anche lui.....e chi da assistenza agli anziani Italiani 24/24,chi sa si si trova con l'anziano da solo cosa potrà fare... e non solo bisogna assolutamente impedire i matrimoni con i mussulmani,perche si perde una parte della cultura Italiana,e stiamo attenti a dare la patente di guida a un mussulmano,perche su la strada in mezzo agli Italiani,si vuole e li viene qulque idea strana fa un disastro e vanno di mezzo vite innocenti, faciamo una cosa fatta bene,questi lavoratori immigrati mussulmani perche non cerciamo al meno di impedirli di lavorare su ambienti dove ci sono i nostri Italiani?sapete una cosa per fortuna non tutti gli Italiani la pensano cosi,altrimente nessuno esce di casa per lavorare,perchè rischia di incontrare il vurus del mussulmano,la terra e fatta per sfamare tutti,ci metiamo d'accordo per vivere,perché nessuno di noi e eterno,saluti per chi ci ospità e per gli immigrati come me
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