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Il visto di ingresso per familiare al seguito e' l'inutile doppione di quello per ricongiungimento familiare?
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Articolo di Claudia Moretti
28 novembre 2006 0:00
 
Il Testo Unico sull' Immigrazione  (art. 28 e 29) prevede che i cittadini stranieri che risiedono da almeno un anno con permesso di soggiorno di lunga durata (lavoro subordinato o autonomo, studio, motivi religiosi), abbiano il diritto all'unita' familiare, che si concreta nella possibilita' di ricongiungersi ad alcuni propri parenti. Con non poca tenacia e determinazione.

Il ricongiungimento familiare presuppone che lo straniero residente in Italia "chiami" a vivere con se' un parente che si trova all'estero (coniuge non separato, figli minori a carico, genitori e figli maggiori a carico solo a determinate condizioni previste dall'art. 29 comma 1 lettere b-bis) e c)). Detta chiamata la si fa tramite la Questura di riferimento, presentando domanda di rilascio di nulla osta al ricongiungimento familiare. In breve, detto Ufficio esamina i parametri alloggiativi (l' idoneita' igenico sanitaria) e di reddito in assenza dei quali non e' consentito ricongiungersi.  Una volta ottenuto il nulla osta ha inizio una seconda fase, quella estera - consolare: la domanda di rilascio del visto di ingresso. Una nuova domanda, dunque, che avvia un nuovo ed autonomo procedimento amministrativo, previo appuntamento, nuovi documenti, nuova istruttoria e soprattutto nuovo tempo, che sommato al precedente e al successivo, divverra' tanto, tanto tempo. Una volta in Italia, negli otto giorni successivi all'ingresso, il familiare finalmente ricongiunto chiedera' il permesso per motivi familiari (nuova ed ultima fase della complessa e faticosa trafila).

In alternativa a questa procedura tri fasica (questura - consolato - questura) il legislatore del testo unico ne aveva originariamente prevista un'altra, ad oggi tacitamente e totalmente abrogata e stravolta dal regolamento attuativo (fonte normativa secondaria) nonche' dai decreti e circolari ministeriali che si sono susseguiti (mi riferisco in particolare all'attuale e alla pregressa formulazione del testo dell' art. 6 del regolamento di attuazione del testo unico D.p.r. 394/1999 e alla Circolare Ministeriale n. 300 del 27 febbraio 2001).
Aveva infatti, a nostro avviso, previsto l'ingresso per familiare al seguito, prescindendo dalla prima fase del nulla osta della Questura, ma delegando tutta la fase estera esclusivamente al consolato.
L'art. 29 comma 4 recita: "E' consentito l'ingresso, al seguito dello straniero titolare di una carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro  subordinato...., dei familiari con i quali e' possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilita' dell'alloggio e di reddito di cui al comma 3."

Tale previsione e' autonoma e distinta dall'ipotesi di ricongiungimento familiare propriamente detto.  Cio' lo si ricava da varie deduzioni logiche e sistematiche:

1. Il comma 4 citato, nell'inciso " ...dei familiari con i quali e' possibile attuare il ricongiungimento...", dimostra la volonta' di distinguere le due procedure, ove l'una viene richiamata solo per specificare i soggetti ammessi all'altra (nel caso l'ingresso per familiare al seguito).
2. Se cosi' non fosse, perche' mai la legge avrebbe previsto un autonomo comma contenente l'autorizzazione all'ingresso, per riunire la procedura e' la medesima per il ricongiungimento?
3. Ma quando mai si sarebbe previsto infatti un autonomo visto di ingresso per il solo fatto che il familiare si trovi temporaneamente (magari in un viaggio di qualche giorno) nel paese estero?
4. Se cosi' non fosse, il suddetto comma non avrebbe alcuna ragione di esistere, cosi' come il visto per familiare al seguito.

Crediamo dunque ovvio e lampante che l'originario intento del testo unico era quello di velocizzare le pratiche di ingresso saltando la fase del nulla osta. I cittadini stranieri che, ad esempio, trovandosi nel proprio paese, si sposano e vogliono "portare" il proprio coniuge con se', potrebbero farlo chiedendo il visto all'ambasciata italiana senza bisogno di passare dalla questura, come dovrebbe invece fare se lo "chiamasse" dall'Italia. La certificazione del reddito (CUD) e la dichiarazione di idoneita' dell'alloggio (ottenibile nel proprio Comune), richiesti dal comma 4 in questione, sono documenti che ben si possono portar con se' in viaggio e consegnare personalmente all'ambasciata, senza passare dalla Questura!

Cosi' non e': il regolamento, a nostro avviso illegittimamente e contrariamente alla norma di primo grado (testo unico), ha abrogato questa procedura imponendo il quella tri fasica a tutti, salvo poi rimangiarsela (evidentemente per ragioni di pudore europeistico e di adempimento comunitari) per i soli familiari di cittadini comunitari (D.M.  31 marzo 2001).

Non solo, per porre rimedio all'assurdo stravolgimento del regolamento, con Circolare Ministeriale, n. 300 del 2001, il Ministero dell'Interno, "garantisce" agli stranieri soggiornanti in Italia che si trovino all'estero e che intendano chiedere il suddetto visto per familiare al seguito, di poter effettuare domanda di nulla osta alla questura italiana, con apposita procura speciale da  effettuarsi e autenticarsi negli uffici del consolato! Cosi' da tri fasica si passa ad una procedura quadri-fasica!
Un vero e proprio incubo, non c'e' che dire.
 
 
 
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