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Riforma T.U. immigrazione: l’espulsione come misura alternativa alla detenzione
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Articolo di Cristiana Olivieri *
29 gennaio 2014 15:03
 
 È dato ormai noto che negli ultimi anni la popolazione carceraria è aumentata in modo esponenziale, soprattutto per quanto riguarda la percentuale di stranieri, che all’inizio del 2012 rappresentavano circa il 36% del totale (fonte: ISTAT). Questa circostanza ha spinto sempre più, nell’ultimo periodo, verso esigenze di snellimento dei penitenziari; esigenze che sono confluite nella modifica al Testo Unico sull’Immigrazione, avvenuta con la legge 146/2013.
La normativa precedente. Fino a questa recente modifica, il Testo Unico (decreto legislativo 286/1998) stabiliva all’art. 16 l’applicazione dell’ “espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione”, laddove la pena da scontare fosse inferiore a 2 anni e se non fossero presenti le condizioni per la sospensione condizionale della pena.
Inoltre, essa non poteva essere disposta nei casi di reati gravissimi, nonché per quelli puniti dallo stesso Testo Unico Immigrazione.
La nuova normativa. La modifica del T. U. è intervenuta innanzitutto in direzione di un ampliamento dei casi in cui può essere applicata l’espulsione; ad esempio, anche nel caso di rapina ed estorsione aggravata, seppure solo tentati, ed altri reati previsti dallo stesso Testo Unico. Questa pena alternativa può essere però applicata solo a condizione che la quantità di pena che rimane da scontare non sia superiore ai due anni di reclusione, e che il massimo della pena edittale disposta dal codice penale sia superiore ai due anni di carcere. L’espulsione, inoltre, non può essere applicata per i crimini più gravi, come ad esempio quello di associazione a delinquere, contrabbando, reati di terrorismo.
Pertanto, diversamente da quanto accadeva pre-riforma, anche la rapina e l’estorsione rientrano nei casi di applicazione dell’espulsione, come sanzione sostitutiva del carcere ancora da scontare. Inoltre, a seguito della riforma l’espulsione può essere applicata anche per i delitti previsti dal testo unico sull’immigrazione (anche in questo caso, solo se ricorrono i requisiti detti sopra).
Tuttavia le modifiche alla precedente normativa non riguardano solo l’ambito applicativo dell’espulsione, bensì anche le procedure con cui viene effettuata l’identificazione della persona a cui irrogarla. Identificare la persona detenuta infatti è condizione essenziale per procedere all’espulsione e, affinché tale procedura non vada a gravare sul magistrato di sorveglianza, per snellire la prassi, viene ora affidata alla direzione del carcere (Dap).
In questo senso, il d.l. 146/2013 permette che, al momento dell’ingresso in carcere, la Dap possa assumere dal Questore tutte le informazioni necessarie ad identificare il cittadino straniero, al fine di arrivare ad una definizione il più possibile completa sull’identità della persona .
In alcuni casi, il Questore può iniziare le procedure per l’identificazione, anche servendosi delle autorità diplomatiche per ulteriori informazioni utili. Al fine di avere sotto controllo l’identificazione dei detenuti stranieri, tutte le informazioni relative alla loro identificazione sono conservate in apposite cartelle redatte al momento dell’ingresso in carcere, e conservate durante il periodo di detenzione.
Effetto evidente della riforma è stato quello di appesantire in modo notevole le incombenze della Direzione carceraria. Infatti, mentre nella normativa previgente la competenza ad espellere spettava esclusivamente al Giudice di Sorveglianza, che poteva richiedere informazioni alla polizia per effettuare l’identificazione, e pronunciarsi in seguito con decreto motivato sull’opportunità di un’espulsione, con la nuova disciplina è la Direzione carceraria che effettua le procedure di identificazione.
L’identificazione diventa quindi un procedimento completamente nelle mani della direzione amministrativa del penitenziario: infatti, solo se il Questore non riesce a procedere all’identificazione dell’immigrato, il Dap trasmette gli atti al magistrato di Sorveglianza, affinchè valuti l’ ipotesi di espellerlo.
Con la normativa si vuole quindi promuovere il ruolo del Dap, che può liberamente avere accesso alle informazioni dei detenuti semplicemente consultando le cartelle. Non appena ci si accorge che un detenuto abbia i requisiti che permettono di applicare l’espulsione, la direzione deve trasmettere gli atti al Giudice competente, nell’ottica di diminuire l’affollamento delle carceri.
Essendo una normativa di recentissima introduzione, bisognerà valutare l’efficienza e la celerità di questo organo amministrativo carcerario, investito di potenti strumenti di controllo, nonché valutare con quanta accuratezza verranno effettuate le valutazioni relative all’applicabilità della sanzione.

* consulente legale Aduc

 
 
 
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