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Ricongiungimento familiare per figli di cittadini UE: verifiche del Consolato
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Articolo di Cristiana Olivieri *
19 gennaio 2015 15:46
 
 Risale a qualche mese fa un’ordinanza del Tribunale di Torino che affronta la tematica del ricongiungimento familiare relativo a cittadini  extracomunitari maggiori di anni 21, figli di cittadini UE.
L’imprescindibile esigenza di tenere uniti gruppi familiari i cui membri risiedono in diversi Stati è oggetto di vari interventi legislativi, tra cui il d. lgs. 30/2007, recante disposizioni modificate da una recente riforma (l. 129/2011). 
L’art. 2 di tale decreto definisce “familiare” ai fini della possibilità di ricongiungimento: “il coniuge; il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione  registrata  sulla  base  della  legislazione  di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari, l'unione  registrata  al  matrimonio  e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);  gli  ascendenti  diretti  a  carico  e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b)”. 
Prima della riforma di quattro anni fa, tali requisiti dovevano essere valutati dalle Autorità Consolari ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per il ricongiungimento, previa dimostrazione della loro sussistenza da parte del richiedente. A seguito della novella legislativa, tuttavia, la procedura è stata nettamente snellita e facilitata: l’Ufficio Visti dei Consolati infatti non dovrà più rilasciare il visto d’ingresso per motivi familiari, ma semplicemente, previa verifica che il beneficiario sia un familiare di cittadino UE, potrà rilasciare un visto Schengen di breve durata con ingressi multipli, permettendo al richiedente di entrare in Italia e richiedere direttamente in Questura un visto di lungo soggiorno. In conseguenza della nuova normativa, non dovrà più essere effettuato alcun controllo sulla circostanza di “essere a carico del familiare” da parte delle Autorità Consolari; la verifica di tale condizione sarà, nel caso, competenza delle amministrazioni nazionali, nel caso in cui sia poi inoltrata una richiesta di permesso di soggiorno di lungo periodo.
Il Tribunale di Torino si è pronunciato sul ricongiungimento di cui al d. lgs. 30/2007 con ordinanza  n.18264/2014. La questione riguardava un cittadino marocchino, figlio di cittadino italiano, che si vedeva rigettare dal Consolato italiano a Casablanca, la richiesta di un permesso per l’Italia per poter vedere il padre. L’ufficio infatti, non riteneva provato, quindi sussistente, che il richiedente fosse mantenuto dal padre, così come richiesto dal decreto all’art. 2, e che quindi non ci fosse possibilità di ottenere il permesso. In applicazione della novella appena analizzata, il Tribunale ha accolto il ricorso proposto avverso il rigetto e ha quindi ordinato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, di concedere al ricorrente un permesso Schengen di breve durata per turismo con ingressi multipli.
Le modifiche apportate nel 2011 sono inoltre state definitivamente spiegate in un recente messaggio dello stesso Ministero, dove si ribadisce chiaramente che al Consolato spetta soltanto la valutazione del legame di parentela/coniugio tra richiedente e cittadino UE, senza entrare nel merito di altre circostanze.

* Consulente legale Aduc
 
 
 
 
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