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Permesso di soggiorno e Cassazione: entrambi i genitori del minore straniero ne hanno diritto
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Articolo di Claudia Moretti
14 maggio 2010 10:05
 
La Corte di Cassazione, con recente sentenza della prima sezione civile n. 823 del 19 gennaio 2010 ha rivisitato i presupposti che consentono ai genitori irregolari di un bimbo che si trova sul nostro territorio, di ottenere l'autorizzazione del Tribunale per i minorenni all'ingresso o alla permanenza, in ragione della vicinanza col figlio, e nel suo solo interesse.
La norma posta dall'art. 31 comma 3 del testo unico sull'immigrazione prevede che:
"3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza."
A fronte del dettato "per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano" la giurisprudenza, fino allo scorso anno, aveva chiaramente interpretato la disposizione di legge in senso restrittivo.
Perche' il genitore clandestino fosse autorizzato a rimanere accanto al figlio minore, con apposito decreto del Tribunale per i minorenni, avrebbero dovuto sussistere ragioni eccezionali e eccezionalissime, connesse a malattie o disabilita' particolari, e non semplicemente il disagio del figlio a crescere senza il padre o la madre. Tutt'al piu' si era arrivati ad accordare la possibilita' (sempre provvisoria e non convertibile in una permanenza a tempo indeterminato) di ottenere il permesso di soggiorno ex art. 31 per uno dei due genitori al fine di mantenere economicamente il figlio, rendendo cosi' superflua la permanenza dell'altro sul nostro territorio.
Finalmente, confermando un proprio recente orientamento espresso con sentenza del 26 giugno 2009 (su ricorso n. 25557/08), la Corte di Cassazione ha reinterpretato (speriamo in via definitiva) la norma, non tanto e non solo in via letterale, ma inserendola nel contesto piu' ampio e internazionale di protezione del minore e del fanciullo, cui la normativa italiana si ispira.
Si legge, infatti, nella sentenza, un richiamo corposo ai principi contenuti in varie fonti del nostro diritto nazionale e supranazionale: "Il Collegio reputa di non poter condividere le conclusioni contenute nella relazione apparendo il ricorso - alla luce del mutato quadro giurisprudenziale - manifestamente fondato. Infatti, con la sentenza resa su ricorso n. 25557/08 in data 26.6.2009 (quindi successivamente al deposito della relazione) la Prima Sezione di questa Corte, anche alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Nizza, 7 dicembre 2000), e dei diritti fondamentali in essa tutelati, - come quelli che coinvolgono direttamente o indirettamente la vita familiare (e in particolare il rapporto genitori-figli), la protezione e il rispetto della dignità umana (art. 6), il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (art. 7); i diritti dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere; i loro diritti ad intrattenere regolarmente relazioni e contatti diretti con i genitori, salvo che ciò appaia contrario al loro interesse (art. 24) - nonchè d i quelli di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 1 (che enuncia il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia) e all'art. 155 c.c., (per cui il minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, nonchè di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi) - ha escluso la correttezza delle conclusioni del giudice del merito secondo cui "la regolare permanenza in Italia del minore è garantita dalla presenza del padre, autorizzato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, non sussistendo invece quelle condizioni di carattere eccezionale, strettamente collegate con la salute del minore, tali da giustificare la permanenza della madre nel territorio italiano".
Pare allora evidente alla Corte che, anche se un genitore e' gia' stato autorizzato a rimanere in Italia per lavorare e mantenere il figlio, cio' non di meno permane l'interesse e la tutela di quest'ultimo a mantenere i rapporti e a convivere anche con l'altro genitore:
"Invero, non può ragionevolmente dubitarsi che, per un minore, specie se in tenerissima età, subire l'allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisca un sicuro danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico, armonico e compiuto. Nè si può ritenere che l'interesse del minore venga strumentalizzato al solo fine di legittimare la presenza di soggetti privi dei requisiti dovuti per la permanenza in Italia. Com'è noto, l'art. 31, più volte ricordato, riconosce allo straniero adulto la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, necessariamente temporaneo o non convertibile in permesso per motivi di lavoro."
Un passo importante nell'affermazione dell'uguaglianza dei diritti fondamentali della persona nei confronti degli stranieri, e della supremazia delle norme e dei principi a tutela dell'unita' familiare e dei minori su quelle di natura amministrativa sulla regolarita' dello straniero.
 
 
 
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