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I minorenni stranieri possono rimanere in Italia dopo la maggiore eta'?
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Articolo di Claudia Moretti
28 ottobre 2006 0:00
 
In Italia i minorenni stranieri sono tutti per legge regolari. O meglio, se pur irregolari (perche' entrati in violazione delle norme sugli ingressi), inespellibili, e dunque con diritto al permesso di soggiorno, secondo quanto prevede l'art. 19 del testo unico sull'immigrazione.
La protezione che viene accordata al minore, compreso l'eventuale diritto/dovere allo studio, almeno fino alla scuola dell'obbligo, in virtu' anche di impegni internazionali che il nostro Paese ha assunto sulla tutela del fanciullo, non garantisce tuttavia che, al raggiungimento della maggiore eta', lo stesso possa convertire il suo titolo in un permesso di soggiorno per lavoro.
La disciplina sulla possibilita' o meno di conversione e' contenuta negli artt.31 e 32 del testo unico. Per capire meglio, occorre fare una classificazione dei minori, secondo la diversa loro posizione giuridica e amministrativa durante il loro soggiorno da minorenne:
1. Minore figlio di stranieri regolarmente soggiornanti.
2. Minore comunque affidato secondo la legge sulle adozioni internazionali (art. 2, legge 184/1983).
3. Minori non accompagnati (senza nessun adulto di riferimento), che tuttavia siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (ipotesi nuova introdotta dalla Bossi Fini nel 2002).
4. I minori non accompagnati tout court.
Prima della novella del 2002, i minori si distinguevano solo in tre categorie. La Bossi Fini ha invece (secondo quello che confermano i lavori parlamentari) voluto introdurre un'ulteriore categoria di minori che avrebbero potuto all'indomani della maggiore eta' rimanere in Italia, ossia i minori irregolari senza alcun adulto (genitore o affidatario) preposto alla loro cura, ma che, secondo un progetto di recupero/controllo/sorveglianza, sono da inserire nel tessuto sociale in cui crescono e maturano.
Di queste quattro categorie di minorenni, dunque, solo l'ultima non ha possibilita' di ottenere il rinnovo-conversione alla maggiore eta', secondo quanto chiarissimamente e inequivocabilmente ci dice la norma prevista all'art. 32. Ma la giurisprudenza di alcuni eccellenti Giudici (es. Tar Friuli Venezia Giulia, in passato anche il Tar Toscana) non ci sta, non ci crede, non si rassegna al fatto che la Bossi Fini abbia davvero voluto creare una valvola di ingresso illegale che, in deroga alla disciplina dei flussi, ammette le conversioni suddette per le categorie ammesse ai programmi citati. Come fare? Come palesemente evitare il dettato normativo?
Semplicemente interpretando la norma secondo cui i minorenni del gruppo 2 devono necessariamente (dopo l'entrata in vigore della novella) aver assolto anche i requisiti di cui al gruppo 3, requisiti cumulativi e non alternativi. In sostanza, anche coloro che siano stati affidati o sottoposti a tutela di un parente, uno zio, una comunita' di tipo familiare, dovrebbero essersi trovati in Italia gia' dall'eta' di quindici anni ed essersi rivolti a questi enti pubblici per l'attuazione (di almeno 2 anni) del programma di inserimento sociale.
Per fortuna sono pochi i Tar che accolgono questo bizzarro orientamento, a nostro avviso indubbiamente contra legem. E di recente numerosi Tar, fra cui il Tar Puglia (sentenza n.1242/2006) e il Tar Emilia Romagna (sentenza n. 292/2006) hanno invece ritenuto di dover leggere con meno storture interpretative e teleologiche il chiaro testo di legge.
Come dire, in Italia si puo' davvero dire tutto e il contrario di tutto!
 
 
 
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