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Manovra. Misure inique senza alcuna prospettiva per il Paese. Niente riforme, crescita né sviluppo.
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Articolo di Donatella Poretti
14 luglio 2010 12:31
 
Segue il testo dell’intervento pronunciato in Aula al Senato durante la discussione del disegno di legge 2228, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica

Signora Presidente, la forma è sostanza e, evidentemente, anche la forma di questo dibattito non può non essere argomento di dibattito. Dibattito che, come si è ripetuto in quest'Aula in queste ore, dovrebbe decisamente appassionarci tutti. Invece, le aule deputate, i luoghi istituzionali, l'Aula del Senato e la Commissione bilancio del Senato, in realtà, non sono i luoghi in cui si dibatte e si decide questa manovra finanziaria, che si decide altrove. Si decide altrove il contenuto, si decidono altrove i criteri e le priorità.

Questo è un peccato, perché, probabilmente, io e il senatore Musso avremmo potuto dibattere e trovare anche punti di accordo in quest'Aula. Siamo seduti su lati opposti, eppure, se si fosse dibattuto, forse avremmo trovato molti punti in comune su cui poi andare a incidere per fare una manovra di questo tipo.

Più che di manovra, poi, in realtà noi stiamo parlando di una manovra finanziaria per la quale quest'anno il Governo aveva deciso di utilizzare lo strumento del decreto, più agile, più snello, da far entrare in vigore subito e da far poi ratificare al Parlamento trasformandolo in legge. Il Governo, quindi, aveva semplificato molto da un punto di vista formale ma, in realtà, noi oggi stiamo discutendo di questa manovra, dopo tanti giorni nei quali il Senato se ne è occupato, senza sapere quale sia la manovra. Vedo il relatore, che finalmente è rientrato in Aula, sereno e rilassato, e immagino che abbia letto il maxi-emendamento, che anche noi, fiduciosi, aspettiamo e sul quale verrà poi posta la fiducia. In realtà, quale sia questo maxi-emendamento e di cosa esso parli, noi, qui nel luogo deputato al dibattito, al momento non abbiamo conoscenza.
È una manovra, però, quella che almeno finora abbiamo visto che, in realtà, fa dei tagli lineari il principio su cui si fonda e non realizza le riforme di cui il Paese avrebbe bisogno. Su tali riforme potremmo anche poi scontrarci, all'interno dei Gruppi e tra Gruppi, però perlomeno di quel tema sarebbe stato utile parlare.

Le entrate vengono previste dalla lotta all'evasione fiscale. Invece di metterle a consuntivo, infatti, tutti sappiamo già che il 40 per cento delle entrate di questa manovra proverranno dalla lotta all'evasione fiscale, e già questo è un punto grave della manovra. Ciò fa presagire che, in realtà, questo tipo di intervento avrà vita breve e che, probabilmente, a settembre saremo costretti a parlare nuovamente di manovra e a realizzare un altro tipo di intervento.

Del resto, dal lavoro al welfare, dalle pensioni alle liberalizzazioni, anche il primo decennio degli anni Duemila è trascorso - con la sola, incompiuta eccezione della legge Biagi - senza quelle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno per interrompere quel che a non pochi appare ed è temuto come uno strutturale, istituzionale degrado o almeno declino. Un declino che per ogni individuo si traduce in minore libertà e responsabilità e, per i più, in maggiore povertà, in minore benessere.
Le ideologie hanno continuato ad essere gli alibi all'ombra dei quali hanno ripreso «naturalmente» a regnare corporativismi, assistenzialismi, rendite di posizione, capitalismi - di Stato e privati - inquinati dai conflitti d'interesse e drogati dalla spesa pubblica clientelare. Ci si è lasciati governare da fatti e misfatti, invece che governarli. Si sono creati dei tabù e li si è usati come alibi per negare la stessa esistenza di problemi evidentissimi da quasi un mezzo secolo. È il caso delle pensioni, delle quali si è parlato solo per un refuso. Forse era utile affrontare l'argomento delle pensioni, anche dilaniarsi e spaccarsi su di esso, ma certo non affrontarlo per un refuso.

La manovra finanziaria presentata dal Governo prosegue, purtroppo, lungo questa traccia: nessuna misura strutturale, tagli lineari, interventi emergenziali, settoriali o a colpi di una tantum. Misure inique, dunque, dall'efficacia limitata, ma soprattutto senza alcuna prospettiva, per il nostro Paese, di riforme, crescita, sviluppo. Per distribuire ricchezza, bisogna prima produrla; in caso contrario si distribuisce solo povertà, se non, addirittura, miseria oppure favori e quindi clientelismo.
Le iniziative politico-parlamentari che abbiamo promosso come radicali, e che abbiamo tradotto in emendamenti e ordini del giorno - in realtà tutto il tempo preso dalla Commissione bilancio non è certo servito a discutere nel merito emendamenti e ordini del giorno - cercano di ribaltare l'impostazione della partitocrazia, andando a incidere in modo strutturale proprio in quei settori che i conflitti di interessi, i veti incrociati, le difese di rendite di posizione corporative hanno ormai condotto alla disastrosa condizione attuale.

Avevamo cercato di affrontare le pensioni e il welfare, non per un refuso ma perché le pensioni e il sistema di welfare universalistico debbono essere considerati elementi di argomento, riprendendo da una parte la proposta di equiparazione e innalzamento dell'età pensionabile e quindi l'equiparazione dell'età pensionabile delle donne. Si è recepita la sentenza della Corte di giustizia europea, ma non lo si è fatto nell'ambito della manovra bensì solo con un emendamento che non sappiamo se ora sarà contenuto nel maxi-emendamento. Ci sarebbe piaciuto che fin dall'inizio fosse stata un'azione forte, decisa, fatta volontariamente e non per subire una decisione.
A quel punto si sarebbe dovuto ben parlare di voucher universali e quindi rivedere e rivoluzionare il concetto dei servizi di cura e di assistenza.
Ancora ci sarebbe piaciuto affrontare il tema delle liberalizzazioni: dal monopolio dell'INAIL alla rete del gas, ai libri, agli sconti, alla vendita dei quotidiani e dei periodici, alle vendite sottocosto (siamo ancora un Paese in cui esistono norme che vietano le vendite sottocosto, gli sconti) alle norme che impongono la distribuzione delle sale cinematografiche a livello regionale. Ci sarebbe piaciuto quanto meno discutere delle professioni, anche dell'abolizione del valore legale del titolo di studio. Discutere un intervento sui farmaci generici, quale proposto dall'Antitrust.

Ci sarebbe piaciuto parlare dei costi della politica affrontando il tema da un punto di vista che evidentemente fino ad oggi non si è voluto toccare: il finanziamento pubblico ai partiti. Con un nostro emendamento si anticipava al 1° gennaio 2011 la riduzione del 10 per cento del finanziamento pubblico ai partiti, ma in realtà la misura più rivoluzionaria era questa: si interveniva sull'entità del rimborso. Infatti, il significato della parola "rimborso" sta ad indicare che esso dovrebbe corrispondere alle spese effettivamente sostenute da ogni partito. Il rimborso quindi deve andare a ripagare la spesa fatta e non una spesa mai sostenuta, altrimenti non è rimborso ma è finanziamento pubblico.
Tante altre erano le idee che avremmo voluto discutere, dalla soppressione del PRA alla revisione dell'8 per mille, dall'emersione e legalizzazione del lavoro sommerso e aumento del gettito fiscale ai servizi pubblici locali, dalle società municipalizzate alla razionalizzazione dei trasferimenti finanziari, alla fiscalità ambientale. Tanti potevano essere gli argomenti di dibattito, tanti gli spunti che potevano arrivare da quest'Aula, ma evidentemente si decide di governare con altri sistemi e, del resto, oggi la pregiudiziale illustrata dalla senatrice Bonino sulle misure relative al terremoto traccia un po' il segno.

Mi riferisco a questa situazione del terremoto e alle modalità con cui si governa l'emergenza e non, cioè con il sistema emergenziale della Protezione civile che va avanti con le ordinanze e non con le leggi, senza controlli, senza luoghi decisionali e responsabilità diverse, senza i filtri che la democrazia richiede, ritenuti evidentemente cavilli, appesantimenti burocratici da evitare, così come è da evitare questo Parlamento, come luogo in cui discutere le misure e le riforme di cui questo Paese ha urgente necessità.
In attesa dell'arrivo del maxi-emendamento su cui verrà posta la fiducia, cortesemente ringrazio per la cortesia di avermi fatto parlare.

* senatrice Radicali/Pd
 
 
 
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