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La kafalah e il ricongiungimento familiare in Italia
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Articolo di Cristiana Olivieri *
27 novembre 2014 17:28
 
 Nel diritto musulmano esistono vari istituti, chiamati in maniera diversa ma con caratteri molto simili, che consentono l’affidamento temporaneo di minori a famiglie o persone single. Si tratta di un istituto che si colloca a metà tra l’adozione – vietata nei paesi musulmani, tranne qualche eccezione, come la Tunisia – e l’obbligo coranico di solidarietà e assistenza ai bisognosi. In Marocco tale istituto si chiama “kafalah” e permette a famiglie o single di prendersi cura di minori abbandonati a mezzo di un affidamento fino alla loro maggiore età, con l’obbligo di istruirli e mantenerli, ma senza assumere vincoli giuridici, quali legami di parentela. Esistono inoltre due tipi di kafalah: una pubblicistica, che necessita di un’apposita autorizzazione del Governo marocchino, nonché di successivi controlli, ed una privatistica, dove vengono meno i precedenti requisiti. La kafalah è riconosciuta anche dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo all’art. 20, nonché dalla Convenzione dell’Aja del 1996, sottoscritta ma non ancora ratificata dall’Italia.
La posizione giuridica dei minori affidati in kafalah è stata oggetto di pronunce della Corte di Cassazione riguardo alla concessione del visto d’ingresso per il ricongiungimento familiare; nel caso di minori marocchini, affidati a cittadini anch’essi marocchini ma residenti in Italia, la Corte di Cassazione ha ammesso la concessione del visto, ritenendo prevalente l’esigenza di protezione del minore straniero, rispetto a quella della tutela delle frontiere (sent. 19734/08 e 1908/10). La Corte ha correttamente evidenziato che, non ammettendo il visto, si rischierebbe di violare il principio di uguaglianza nei confronti di quei minori provenienti da Paesi in cui l’affidamento sia l’unica forma di protezione minorile.
Sempre nel 2010, invece, la Cassazione ha respinto il visto nei confronti di un minore marocchino affidato a cittadini italiani residenti in Italia (sent. 4868/10). Tra le motivazioni strettamente giuridiche, si legge che le norme sul ricongiungimento (d. lgs. 286/1998) non possono trovare applicazione nei confronti dei cittadini italiani, ma solo nei confronti di cittadini stranieri, rimanendo quindi esclusa la kafalah di bimbi marocchini affidati ad italiani. A questa ultima ipotesi, infatti, si applica un altro decreto, il 30 del 2007, che riporta la normativa comunitaria sulla circolazione dei cittadini dell’UE e dei loro familiari.
Tuttavia, la stessa Corte di Cassazione, con altra pronuncia recentissima (n. 6204/2014) ha dato invece risposta positiva al ricongiungimento di minori affidati a cittadini italiani, partendo da una complessa ricostruzione legislativa. Il decreto appena citato, 30/2007, riguarda cittadini comunitari e i loro” familiari”, dove per “familiari” s’intendono i minori affidati alle famiglie secondo le norme dell’adozione internazionale. La Corte di Cassazione, partendo da tale presupposto, ha ritenuto lecito estendere il concetto di “familiare” anche ai minori affidati in kafalah, considerando che si tratterebbe di una estensione assolutamente conforme ai principi che regolano la Costituzione, nonché l’Unione Europea. Ricomprendendo quindi nel nucleo familiare anche i minori affidati secondo la kafalah, i Giudici hanno esteso la possibilità di far loro ottenere il permesso per ricongiungimento familiare, non solo nel caso di affidatari marocchini residenti in Italia, ma anche di italiani.
Si tratta di un’apertura giurisprudenziale che ha anticipato ulteriori passi avanti effettuati nel nostro ordinamento: si attende infatti la ratifica della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, in materia di protezione dei minori e responsabilità genitoriale, che risolverà definitivamente la questione, riconoscendo anche nel nostro Pese pieni effetti giuridici alla kafalah.

* Consulente legale Aduc

 
 
 
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