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Immigrazione. Status di rifugiato e persecuzioni per appartenenza al partito di opposizione
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Articolo di Cristiana Olivieri*
20 ottobre 2015 14:46
 
 A seguito delle pressanti esigenze di protezione internazionale che imponevano forme di tutela contro le persecuzioni subite da milioni di persone in tutto il mondo, nel 2007 il nostro Paese ha recepito con il d. lgs. 251/2007 la direttiva europea sullo status di rifugiato e di persone richiedenti la protezione internazionale. Il decreto definisce "rifugiato" (art. 2, comma 1, lett.e) il “cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese (…)”. Quindi, per richiedere il riconoscimento di tale status è necessario dimostrare:

1. la rottura di un legame sociale con il proprio Paese d’origine;
2. il carattere religioso/etnico/sociale/politico della persecuzione subita.


Quanto al primo requisito, la dimostrazione risulta, nella maggior parte dei casi, dall’impossibilità di permanenza nel Paese d’origine, nonché nell’essere costretti alla fuga per preservare la propria incolumità personale. Il secondo requisito, nella prassi processuale- amministrativa, viene desunto dai racconti delle vicende personali del richiedente protezione, spesso avvalorate da relazioni di organizzazioni internazionali del settore, facilmente reperibili sul web (Amnesty International, Viaggiare Sicuri, Peace Reporter, ecc.). Si tratta di un “onere probatorio attenuato”, nel senso che il rigore e la precisione di quanto viene richiesto dimostrare in giudizio i requisiti è “alleggerito” in considerazione delle difficoltà del richiedente di provare le circostanze che giustificano la richiesta (si tratta di un principio definitivamente accertato dalla giurisprudenza, tra cui Cass. SS UU 27310/2008).

Di recente sul punto, il Tribunale di Roma ha riconosciuto lo status di rifugiata ad una cittadina originaria del Gambia, sulla base dei criteri appena descritti. La domanda della ricorrente era stata dapprima respinta dalla Commissione Internazionale per la Protezione Internazionale, sulla base della inesistenza delle condizioni richieste. Nell’ordinanza che decide sul punto (n. 12156/2015 dello scorso 11 settembre), si legge che la ricorrente, cittadina del Gambia, era membro effettivo dell’UDP, unico partito di opposizione alla dittatura attualmente esistente nel suo Paese. La militanza in tale partito era stata, tra l’altro, validamente dimostrata nel procedimento, allegando agli atti la tessera del partito in originale. Da diversi anni la dittatura gambiana, al fine di neutralizzare le opposizioni, ha attuato una politica di durissima repressione, sottoponendo a torture e detenzioni illegali chiunque non aderisca ai principi del regime. Tra la vittime, anche il fratello e il padre della ricorrente, rispettivamente attivista e segretario dell’UDP, sono stati arrestati e di loro non risultano più notizie; proprio per evitare di essere sottoposta allo stesso trattamento, la signora è stata costretta a fuggire, prima a Genova, poi a Roma.

Nell’affermare la presenza di tutte le condizioni per poter conferire lo status di rifugiata, il Tribunale di Roma ha riportato degli estratti di una relazione di Amnesty International, che non lasciano dubbi sulla situazione di particolare pericolo e rischio della zona: la NIA (Agenzia di Intelligence Nazionale) compie sistematicamente violazioni dei diritti di difesa e di libertà personale, costringendo anche gli operatori dei diritti umani a non poter regolarmente svolgere il loro lavoro a causa di continue minacce, vessazioni e arresti illegali. In considerazione sia di tali relazioni, sia delle memorie scritte presentate dalla richiedente protezione, il Giudice ha ritenuto ”innegabile che la ricorrente, in quanto appartenente al partito di opposizione, abbia subito gravi persecuzioni, specie minacciate da parte del partito di governo, delle forze militari e dal NIA. La persecuzione ha dunque avuto natura ideologica e risulta svolta per motivi di appartenenza politica. Deve inoltre ritenersi esistente la rottura del legame sociale dell’odierna ricorrente ed il suo Stato di origine, atteso che le forze autrici della persecuzione nella specie appartengono all’autorità governativa”.

* Consulente legale ADUC

 
 
 
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