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Immigrazione. Irregolarita' Questure e diritto al rinnovo. La sentenza del Tar Bologna
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Articolo di Claudia Moretti
24 marzo 2010 16:37
 
Con sentenza n.864 del 21 maggio 2009 il Tar Bologna ha deciso una controversia di rinnovo del permesso e di ritardo nell'emanazione del provvedimento da parte dell'autorita'. Nulla di nuovo, sempre la solita vecchia storia, ma questa volta con una presa di posizione a favore del cittadino straniero, ed una applicazione delle norme sul procedimento amministrativo che riteniamo utile commentare.
Il caso e' di un cittadino straniero che entra in Italia nel 2006 con permesso di soggiorno per studio e chiede un rinnovo di quest'ultimo nei tempi previsti dalla legge. Passano i mesi ma nulla, dalla questura solo silenzio e attesa. Per fortuna (grazie ad una circolare ministeriale) la prova dell'istanza inviata gli garantisce regolarita' sul territorio anche nelle more della definizione del procedimento. Nel dicembre del 2007 (dopo qualche mese dalla richiesta di rinnovo) decide di chiedere la conversione del permesso per studio in motivi di lavoro, grazie al decreto flussi che per quell'anno stabilisce quote appositamente previste per studenti che decidano di iniziare a lavorare in Italia. Nell'ottobre del 2008 gli viene concessa detta quota in conversione richiesta l'anno prima. Tuttavia pochi giorni prima della concessione stessa da parte dello Sportello Unico, la Questura di Modena nega il rinnovo del permesso di soggiorno richiesto a meta' dell'anno prima -per difetto dei requisiti previsti dal pds per studio- e la quota viene revocata.
La vicenda e' finita nelle aule del Tar di Bologna ed e' stata decisa in senso favorevole allo straniero. In sintesi i Giudici, a prescindere dalla fondatezza del diniego del rinnovo del permesso per studio, dichiarano l'illegittimita' della revoca della quota in conversione dettando un principio di rango superiore e generale: la volonta' e la concreta attivazione dello straniero nel rimanere regolare sul nostro territorio deve prevalere sugli aspetti formali, tanto piu' se di fronte a provvedimenti delle autorita' non piu' attuali e d emanati oltre i termini di legge.
Si legge nella motivazione “...[...]..il Collegio non può non rilevare l'errore in cui è incorsa l'Amministrazione nell'emanare il provvedimento di revoca della quota e la mancata conversione del permesso di soggiorno da studio a lavoro subordinato.
Ed invero, a prescindere dalle date formali dei provvedimenti di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio (la cui scadenza - ai fini della sussistenza dei requisiti richiesti (esami di profitto) va ragionevolmente commisurata alla durata dell'anno accademico 2006-2007), non può non considerarsi che l'iter procedimentale previsto per l'ottenimento di una quota di ingresso ai fini della conversione del permesso di soggiorno è del tutto indipendente dalla volontà del ricorrente. Conseguentemente, a fronte della concreta volontà del cittadino straniero di soggiornare legalmente nel territorio dello stato per svolgere una regolare attività lavorativa non può opporsi la già intervenuta scadenza del permesso di soggiorno per motivi di studio. Tanto basta a ritenere l'illegittimità del diniego di conversione del permesso di soggiorno da studio a lavoro. Al ricorrente, quindi, se non sussistono altri specifici elementi ostativi, deve essere riconosciuta la validità della quota richiesta e concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato...[....]”

Il caso e' uno dei tanti che capitano a chi lavora nel settore immigrazione. I provvedimenti amministrativi richiesti si susseguono a lunga distanza dalle richieste, quando i tempi sono cambiati, e quando ormai non sono piu' attuali ne' le condizioni di fatto e nemmeno quelle di diritto che hanno giustificato le istanze dei cittadini stranieri. La legge prevede tempi molto brevi per definire un procedimento di concessione o rinnovo del permesso di soggiorno, venti giorni. Lo straniero sa che mai e poi mai avra' una risposta nei tempi di legge e si organizza. Aspetta, fa la sua vita e alla prima occasione utile (sanatoria, decreto flussi o chissa' cos'altro di improvviso e inaspettato accade nel settore immigrazione) procede nel suo percorso di regolarizzazione. A dire il vero, anche il Ministero si organizza contro la propria inefficienza: emana circolari ministeriali che regolano i diritti e le questioni che si svilupperanno nei tempi e nelle more dei procedimenti in corso, dettando discipline transitorie in costanza, e proprio ad hoc per l'illegalita' protratta dalle amministrazioni.
Salvo poi assistere, un anno e mezzo dopo, al “risveglio” della questura che decide che l'istante non aveva all'epoca i titoli per la richiesta che ha fatto. Incurante della norma di legge (art. 5 del testo unico dell'immigrazione che impone comunque di verificare l'attualita' dei requisiti al possesso di un qualunque altro titolo di soggiorno), incurante delle proprie violazioni di legge sul procedimento amministrativo (oltre un anno di ritardo), ma soprattutto incurante di tutto quanto e' accaduto in concreto nella vita della persona istante, che durante l'apnea ha comunque continuato a vivere, lavorare, costruire la sua vita e il suo futuro sul nostro territorio.
Per fortuna, a volte, la magistratura risponde con fermezza contro le aberrazioni che accadono nel pianeta immigrazione, come questa volta. Peccato che, anche questa volta, allo straniero non sia stato concesso il ristoro delle spese legali sostenute per ottenere giustizia, compensate pro amministrazione. Ma questa e' un'altra storia ancora, purtroppo antica anch'essa.
 
 
 
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