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Discriminazione Rom e Sinti: il Tribunale di Roma condanna casa editrice a ritirare pubblicazione con frasi offensive e a risarcimento del danno
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Articolo di Claudia Moretti
20 marzo 2015 11:08
 
 Riteniamo utile pubblicare la recente notizia tratta dal web* relativa alla condanna della nota casa Editrice Simone da parte del Tribunale civile di Roma, a risarcire 1000,00 euro ad una signora di etnia Rom per discriminazione contro il suo popolo di appartenenza.
Il fatto risale al 2012: la Simone pubblica un testo contente pareri legali svolti per la preparazione all'esame di avvocato, in uno dei quali si analizza la fattispecie penale prevista dall’articolo 712 c.p. (“Acquisto di cose di sospetta provenienza”). Orbene, nella pubblicazione si indicano fra le circostanze che debbono far sorgere nel soggetto che acquista o riceve il sospetto che la cosa provenga da reato, l’acquisto da “un mendicante, da uno zingaro o da un noto pregiudicato”.
La casa editrice non solo viene condannata al pagamento della somma su detta, ma anche al ritiro dal commercio delle copie del testo in questione. Si ritiene, infatti, da parte del Tribunale, che vi siano gli estremi di discriminazione verso gli appartenenti all'etnia rom, perché, assimilandoli ai delinquenti nella vicenda trattata nel parere, si alimenta il pregiudizio e si avvalora uno stereotipo negativo.
La vicenda è interessante per molti aspetti, in particolare per lo strumento processuale probabilmente utilizzato, ossia l'azione antidiscriminatoria prevista dagli art. 43 e 44 del Testo Unico dell' Immigrazione. Ecco alcuni estratti dell'art. 44 Dlgs 286/98:
“1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice però, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
….[...]
7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
8. Chiunque elude l’esecuzione di provvedimenti del pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell’articolo 388, primo comma, del codice penale.
...[...]”
Tale strumento consente, come nel caso di specie, a coloro che si sentono violati nella dignità, non già direttamente in quanto tale ma come appartenente ad una comunità determinata di soggetti, di procedere in proprio come singolo ed ottenere, non solo un provvedimento a propria tutela (nel caso i 1000,00 euro di risarcimento), ma anche l'interesse collettivo della comunità di appartenenza (nel caso l'inibitoria alla diffusione del testo e la condanna al ritiro delle copie già diffuse).
La duttilità dello strumento, la relativa semplicità (può esser fatto anche senza legale), consente numerose applicazioni anche fuori dalle questioni prettamente razziali od etniche.
Ai sensi dell'art. 43 del Dlgs citato costituisce discriminazione:
“...ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.”

*tratta dal sito di Asgi
 
 
 
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