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Il diritto all'unita' familiare e le espulsioni amministrative
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Articolo di Claudia Moretti
31 gennaio 2008 0:00
 
Molti stranieri clandestini che si recano agli sportelli informativi per sapere come regolarizzarsi, si sentono spesso ripetere la solita frase: "il matrimonio e' la soluzione, meglio se con un italiano".
Ma e' davvero cosi'? Per chi ha la fedina penale pulita o e' privo di espulsioni alle spalle e' sicuramente cosi'. Ma che succede se chi si sposa ha qualche scheletro nell'armadio? Non e' affatto scontato "sanarsi" con le nozze, e perfino con quelle con un italiano.
La normativa sugli stranieri tutela parimenti il diritto all'unita' familiare e la sicurezza pubblica e la regolazione del fenomeno migratorio, ma non detta criteri di raccordo nel caso si pongano in contrasto le sue vicende di vita (matrimonio ed espulsione). E la giurisprudenza degli ultimi anni si e' rivelata assai restrittiva e sfavorevole per l'immigrato.

Matrimonio con un italiano
Nel caso uno straniero extracomunitario clandestino sposi un cittadino italiano, si applichera' il divieto di espulsione previsto dall'art. 19 del testo unico e il relativo regolamento attuativo secondo cui allo stesso spetta un titolo di soggiorno in virtu' dell'inespellibilita' in questione. Se tuttavia il medesimo ha alle spalle una precedente espulsione cio' sembra non valer piu'. Con il paradosso che il soggetto si trova "inespellibile" ma senza possibilita' di ottenere un titolo di soggiorno in quanto soggetto espulso. Una situazione di stallo illogica e per fortuna spesso non applicata dalle amministrazioni, ma che la dice lunga sulla gerarchia dei valori che si e' andata creando in giurisprudenza.
Cassazione civile sez. I 11 luglio 2006 n. 15753
- In tema di disciplina della immigrazione, la previsione del divieto di espulsione dello straniero che, presente illegittimamente nel territorio nazionale, contragga matrimonio con una cittadina italiana, non e' applicabile alla diversa ipotesi dello straniero gia' destinatario di un provvedimento espulsivo che gli sia stato debitamente comunicato. Una siffatta estensione della portata della previsione favorirebbe la celebrazione di matrimoni strumentali e renderebbe inefficace "ex post", e per fatto sopravvenuto, l'atto di esercizio del potere espulsivo, atto che, invece, solo una espressa previsione di legge potrebbe rendere revocabile.
T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 27 gennaio 2006 , n. 10 - L'ottenimento di regolare permesso di soggiorno per motivi familiari, in conseguenza di matrimonio, non determina l'automatica caducazione di un precedente decreto di espulsione, consentendo soltanto di neutralizzarne temporaneamente la esecuzione, in conformita' a quanto stabilito dall'art. 19, comma 2, d.lg. 25 luglio 1998 n. 286, che non consente l'espulsione degli stranieri conviventi con il coniuge di nazionalita' italiana.
Non solo. Non basta sposarsi, ma occorre dar prova della convivenza con il coniuge o parente italiano, entro il quarto grado. Ma come fare? Non basta il certificato anagrafico, occorre la prova effettiva (testimoni, presunzioni, altri documenti giustificativi).
Cassazione civile , sez. I, 03 novembre 2006 , n. 23598 - In tema di disciplina dell'immigrazione, ai sensi degli art. 19 e 30, comma 1 bis, d.lg. 25 luglio 1989 n. 286, il matrimonio con un cittadino italiano in tanto conferisce allo straniero il diritto al soggiorno in Italia, sia ai fini del rilascio del relativo permesso che ai fini del divieto di espulsione, in quanto ad esso faccia riscontro l'effettiva convivenza, e fino a quando sussista tale requisito, la cui prova e' a carico dello stesso straniero, non essendo la convivenza presumibile in base al mero vincolo coniugale ne' alle mere risultanze anagrafiche. Tale disciplina non contrasta con il principio di diritto comunitario che vieta ad uno Stato membro di negare il permesso di soggiorno e di adottare misure di espulsione nei confronti del cittadino di un Paese terzo che possa fornire la prova della sua identita' e del suo matrimonio con un cittadino di uno Stato membro, per il solo motivo che egli e' entrato illegalmente nel suo territorio, essendo tale principio volto ad assicurare la tutela della vita familiare dei cittadini degli Stati membri, la quale postula proprio quella convivenza che il legislatore interno ha legittimamente eretto a parametro di meritevolezza della tutela accordata.

Matrimonio con straniero extra UE regolarmente soggiornante in Italia
Nonostante i tentativi di alcuni giudici che hanno sollevato la questione di legittimita' costituzionale sul punto, lo straniero non ha un diritto all'unita' familiare garantito e paritario a quello di un italiano. La Corte Costituzionale infatti ha dichiarato l'infondatezza della questione asserendo che il cittadino italiano ha una protezione di grado maggiore e che cio' rientra nella discrezionalita' del legislatore.
Corte costituzionale, 14 aprile 2006 , n. 158 - La situazione dello straniero coniugato o convivente con un cittadino italiano non e' equiparabile a quella dello straniero coniugato o convivente con altro straniero; e' manifestamente infondata, pertanto, la q.l.c. dell'art. 19 comma 2 lett. c), d.lg. 286/98, nella parte in cui prevede il divieto di espulsione degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalita' italiana, senza prevedere beneficio analogo per gli stranieri gia' conviventi in Italia con il coniuge o parenti stranieri, in regola con il permesso di soggiorno.
Non solo, ma che succede se un cittadino precedentemente espulso si sposa con una straniera extra UE che e' regolarmente residente? Puo' quest'ultima effettuare il ricongiungimento familiare con il proprio marito irregolare e magari gia' in Italia clandestino?
Secondo gli orientamenti recenti della Cassazione non si potrebbe: la tutela del diritto all'unita' familiare trova infatti i propri limiti nelle modalita' e nei termini di cui alla legge, e dunque anche nelle limitazioni che la stessa prevede.
T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 27 gennaio 2006 , n. 10 - L'ottenimento di regolare permesso di soggiorno per motivi familiari, in conseguenza di matrimonio, non determina l'automatica caducazione di un precedente decreto di espulsione, consentendo soltanto di neutralizzarne temporaneamente la esecuzione, in conformita' a quanto stabilito dall'art. 19, comma 2, d.lg. 25 luglio 1998 n. 286, che non consente l'espulsione degli stranieri conviventi con il coniuge di nazionalita' italiana.
Cassazione civile , sez. I, 20 agosto 2003 , n. 12223 - Ai sensi dell'art. 28, comma 1, d.lg. 25 luglio 1998 n. 286 (t.u. immigrazione), il diritto al mantenimento dell'unita' della propria famiglia e' in via generale riconosciuto (alle condizioni sostanziali e nel rispetto delle regole procedurali previste nei successivi art. 29 e 30, i quali dettano le modalita' con cui viene tutelato il diritto anzidetto) soltanto ai cittadini stranieri regolarmente presenti nel territorio dello Stato italiano, e in tale categoria non rientrano i soggetti colpiti da provvedimento di espulsione, onde l'esistenza di un nucleo familiare non e' di per se' sufficiente a far ritenere legittima la permanenza in Italia di cittadini stranieri al di fuori delle regole che disciplinano il loro ingresso nel territorio dello Stato.
Cassazione civile , sez. I, 24 novembre 2004 , n. 22206 - Ai fini dell'accertamento dell'illegittimita' dell'espulsione amministrativa dello straniero ai sensi dell'art. 13 d.lg. 25 luglio 1998 n. 286, il diritto al mantenimento dell'unita' della propria famiglia riconosciuto dall'art. 28, comma 1 - alle condizioni sostanziali e nel rispetto delle regole procedurali previste dai successivi art. 29 e 30 - viene in considerazione solamente per gli stranieri regolarmente presenti nel territorio dello Stato italiano, e cioe' "titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno". Pertanto, a far ritenere legittima la permanenza in Italia dei cittadini stranieri non in regola con la normativa sull'ingresso nel territorio dello Stato non e', di per se', sufficiente l'esistenza di un nucleo familiare; ne' tale disciplina si pone in contrasto con alcun principio, desumibile dall'art. 2 cost., relativo alla tutela del diritto all'unita' familiare, atteso che il legislatore ordinario puo' legittimamente limitare tale diritto, per bilanciare l'interesse dello straniero al mantenimento del nucleo familiare, con gli altri valori costituzionali sottesi dalle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri.
Nonostante questo sia l'indirizzo giurisprudenziale prevalente, riteniamo che sia da sostenere la prassi che molte amministrazioni adottano secondo cui il cittadino straniero espulso precedentemente al matrimonio, il cui coniuge straniero regolarmente presente in Italia abbia i requisiti per il ricongiungimento familiare, puo' chiedere ed ottenere una revoca dell'espulsione alla Prefettura o al Ministero dell'Interno per sopravvenuti motivi di famiglia.
 
 
 
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