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Concorsi pubblici e cittadini extra-Ue. Discriminatoria l'esclusione. Tribunale Milano
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18 dicembre 2012 10:37
 
Il Tribunale di Milano, con ordinanza emessa nel procedimento n. 5301/2012 e depositata lo scorso 19 novembre, ha sancito un importante principio in tema di discriminazione lavorativa fra cittadini italiani e cittadini extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell’art. 9 (soggiornanti di lungo periodo) o dell’art. 27, comma 1, lettera r-bis (infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private) del T.U. immigrazione (d. lgs. 286/1998).
Un’infermiera extracomunitaria, esclusa dai bandi di concorso indetti rispettivamente dall’Azienda Ospedaliera di Lecco e dall’Azienda Sanitaria Regionale delle Marche, i quali richiedevano per la partecipazione la cittadinanza italiana o di un altro Stato UE, ha fatto ricorso al Tribunale di Milano insieme ad ASGI e ad Avvocati per Niente ONLUS ed ha visto accolte le proprie ragioni.

Il Tribunale richiama il principio di uguaglianza garantito in ambito lavorativo dall’art. 2, comma 3, del T.U. immigrazione: “con riferimento, nel merito, al carattere discriminatorio dei bandi di concorso sopra individuati, si ricorda che l’art. 2, comma 3, del D. L.vo n. 286/98 stabilisce che ‘la Repubblica Italiana, in attuazione della convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento o piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani’.”

Il giudice di Milano cita, inoltre, la Corte Costituzionale nel ribadire che i principi di uguaglianza e di parità di trattamento devono essere assicurati anche nella fase precedente all’assunzione dell’aspirante lavoratore: “con riferimento alla nozione di ‘lavoratori’ [...] la Corte Costituzionale si è già pronunciata, affermando che in materia di lavoro il principio generale di uguaglianza ex art. 3 Cost. e di parità di trattamento ex art. 2, comma 3, D. L.vo n. 286/98 si applica non solo ai ‘già lavoratori’, ma anche nella fase di accesso al lavoro”.

Affronta poi la questione delle possibili deroghe al principio di parità di trattamento, giustificate in specifici casi dall’art. 14 della stessa Convenzione OIL: “Ogni [Stato] Membro può [...] respingere l’accesso a limitate categorie di occupazione e di funzioni, qualora tale restrizione sia necessaria nell’interesse dello Stato.”
Tuttavia, esclude che professioni altamente tecniche come quelle degli infermieri possano rientrare in una delle categorie legittimanti tale restrizione, argomentando giustamente che: “le deroghe al principio di parità di trattamento, come affermato e sancito dall’art. 2, comma 3, D. L.vo n. 286/98, possono trovare fondamento solo nel rispetto delle norme internazionali pattizie o comunitarie (quando direttamente applicabili) recepite nell’ordinamento, e dunque per specifiche ‘attività’ (il concetto di ‘attività determinate’ è anche utilizzato dallo stesso art. 27 del D. L.vo n. 286/98) e, secondo quanto in particolare stabilito dall’art. 14 della Convenzione OIL del 1975, ove ricorra un ‘interesse dello Stato’ a precludere l’accesso al lavoro.
Proprio la giurisprudenza di merito richiamata in materia di pubblico impiego ha al riguardo evidenziato, alla luce della Direttiva 2003/109, art. 11, comma 1, CE (direttamente applicabile nel nostro ordinamento), che la cittadinanza per l’esercizio di un’attività lavorativa subordinata o autonoma non è richiesta per quelle attività che non implichino, nemmeno in via occasionale, la partecipazione all’esercizio di pubblici poteri; il riferimento all’interesse ‘dello Stato’ e all’esercizio di pubblici poteri ha così consentito di ritenere il requisito della cittadinanza non più necessario rispetto ad alcune attività (quali quelle, ad esempio, degli infermieri) perché attività non ricollegabili a funzioni pubbliche o a interessi nazionali.”


Il Tribunale di Milano conclude quindi per l’illegittimità dell’esclusione dei lavoratori extra-UE dai concorsi pubblici italiani e condanna le due aziende sanitarie convenute al pagamento delle spese processuali.

Si ringrazia per la segnalazione il Forum Cittadini del Mondo R. Amarugi.
 
 
 
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