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Asilo politico. Lo Stato UE deve garantire condizioni minime di accoglienza
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4 novembre 2012 19:18
 
E’ intervenuta il 27 settembre scorso una nuova sentenza della Corte di Giustizia in tema di asilo politico, e stavolta la Corte affronta la questione, rilevante per tutti gli Stati europei, relativa a quale Stato membro sia tenuto a garantire le condizioni minime di accoglienza previste a livello europeo, nei casi in cui lo Stato che abbia ricevuto una domanda di asilo non si ritenga competente ad esaminarla.

La normativa, di cui il Consiglio di Stato francese ha chiesto alla Corte europea una corretta interpretazione, è data dal combinato disposto della:

- Direttiva 2003/9/CE, contenente le norme minime - comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione - relative all’accoglienza dei cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo, affinché sia garantito loro un livello di vita dignitoso e l’accesso a condizioni materiali di accoglienza (comprendenti alloggio, vitto e vestiario, nonché un sussidio per le spese giornaliere) dal momento in cui presentano la domanda;

- Regolamento CE del Consiglio n. 343/2003, che stabilisce i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo. In base a tali criteri, lo Stato che riceve una domanda d’asilo determina la propria competenza, oppure individua un diverso Stato competente a valutare la richiesta. In questo secondo caso, il regolamento prevede che lo Stato per primo investito della questione interpelli tempestivamente lo Stato così individuato, che dovrà poi pronunciarsi sulla propria competenza.

La controversia che ha dato adito alla presente pronuncia della Corte di Giustizia è sorta in merito ad una circolare del Ministero dell’Interno, d’Oltremare, degli Enti territoriali e dell’Immigrazione francese, la quale aveva escluso l’obbligo della Francia di garantire ai richiedenti le condizioni minime di accoglienza per la durata della procedura di presa in carico della domanda d’asilo, ogni qualvolta lo Stato francese avesse interpellato un altro Stato membro dell’Unione ritenuto competente.
La Corte ha confermato la contrarietà della circolare francese alla normativa europea, precisando che: “il rispetto di tali prescrizioni [di accoglienza] si impone non soltanto nei riguardi dei richiedenti asilo che si trovano nel territorio dello Stato membro competente, in attesa della decisione di quest’ultimo in merito alla loro domanda di asilo, ma anche nei confronti dei richiedenti asilo in attesa della determinazione dello Stato membro competente ad esaminare tale domanda.” Pertanto la pendenza del procedimento di determinazione dello Stato competente non giustifica l’esclusione del richiedente asilo dal beneficio previsto dalla Direttiva, che dovrà essere garantito dal primo Stato per tutta la durata del procedimento medesimo.

Questa la conclusione della Corte sul punto: “La direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro al quale sia stata presentata una domanda di asilo è tenuto a concedere le condizioni minime di accoglienza dei richiedenti asilo stabilite da tale direttiva anche ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida – in applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio … – di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro, in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente.”

Il Consiglio di Stato francese aveva inoltre interrogato la Corte sul momento in cui può ritenersi cessata (in caso di accettazione della procedura di esame della domanda d’asilo da parte del secondo Stato interpellato) la responsabilità del primo Stato in ordine alla concessione delle condizioni minime di accoglienza.
Ebbene, la Corte di Giustizia ha interpretato la normativa europea nel senso che l’obbligo del primo Stato cessa soltanto al momento del trasferimento effettivo del cittadino dello Stato terzo richiedente, e chiarisce ulteriormente che il primo Stato interpellato dovrà sostenere in proprio le spese necessarie per garantire l’adeguata accoglienza: “l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni minime di cui sopra spetta a quest’ultimo Stato membro, sul quale grava l’obbligo suddetto.”

 
 
 
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