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Adozione maggiorenni. Aduc alla Corte Europea: condannare lo Stato italiano per inadempienza
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Articolo di Isabella Cusanno
28 marzo 2017 11:03
 
Nei prossimi giorni daremo il via a nuove richieste di intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo sulla questione delle adozione maggiorenni e con l’intento di ottenere la condanna dello Stato Italiano per violazione dell’art 8 della Convenzione in quanto la nostra legislazione in tema di adozione maggiorenni non prevede il riconoscimento per gli adottati maggiorenni che sono stati seguiti dalla medesima famiglia nella loro minore età del medesimo status di un adottato da minore.
Ricordiamo i testi fondamentali delle Convenzioni Internazionali in materia di diritti fondamentali e relativi al diritto alla vita familiare:

La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Consiglio d’Europa) all’art. 8 così recita:
“Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui“.

Questo è il testo invece della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo:
La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato

Questo è il testo dell’art. 7 della Carta europea dei diritti fondamentali (Unione Europea):
Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni.

Tre dizioni di un principio fondamentale che potrebbero apparire evasive e perfino in contrasto tra di loro. In realtà la giurisprudenza delle Supreme Corti Internazionali rimane frutto di analisi del caso concreto e di gestione delle fattispecie nel momento in cui vengono presentate alla Corte. I principi e le evoluzioni di diritto espresse dalla CEDU di Strasburgo sono insomma frutto di diritto che potremmo definire pretorio e non di applicazioni di norme espresse di diritto positivo.
Sono, forse in modo molto opportuno, l’espressione di un sentimento di diritto alla base di un inconscio collettivo che esprime l’esigenza di equità sociale al di sopra ed al di là della codificazione statale e di diritto positivo.
Esprimono quindi l’istinto naturale e comune all’uomo di veder affermate esigenze di libertà, di uguaglianza e di protezione dalle sopraffazioni dei sistemi forti per peso finanziario o politico
Certo le difficoltà in questo caso sono doppie: innanzitutto la Corte Internazionale come quella di Strasburgo deve riconoscere il diritto violato nella istanza a lei presentata. Il rischio è quindi che le istanze prese in esame siano quelle che in patria vengono maggiormente sostenute dai gruppi di opinione. La seconda è che manchi l’empatia necessaria per la individuazione di una soluzione coerente con la questione presentata.
E’ quindi assolutamente indispensabile che, individuata una carenza normativa o di prassi o di diritto, nei confronti dei principi fondamentali dei diritti dell’uomo, si proceda con la determinazione necessaria ad ottenere il risultato concreto.
Torniamo al nostro caso concreto: per quanto riguarda la questione delle adozioni di quei maggiorenni anche stranieri anche bielorussi che vengono adottati appena raggiunti i diciotto anni da coppie o da singoli italiani in Italia e secondo la legge italiana e dopo che per l’intera infanzia siano stati curati, educati e seguiti da quelle medesime persone che non sono state in grado di adottarli da minori perché i sistemi nazionali o internazionali, gli assistenti sociali, o gli accordi internazionali, o le istituzioni locali o le invidie personali non glielo hanno permesso.
Per tutto il tempo della minore età del loro figlio in pectore si sono accontentati di una parvenza di nucleo familiare, di vivere la loro famiglia di nascosto, in sordina, con la preoccupazione che tutto questo svanisca per il capriccio di una autorità o di una persona con maggiori diritti riconosciuti
Alla maggiore età del ragazzo tutto questo però deve ritenersi superato dallo scioglimento dei vincoli di legge del minore senza famiglia propria all’autorità locale.
In questo caso la famiglia che si è costituita di fatto e per vincolo di affetto non ha il diritto di essere riconosciuta in forma piena?
Perché l’adozione maggiorenne in questi casi in Italia deve risultare comunque come una forma di contratto privato non valido all’esterno dei contraenti se non per qualche scarna opzione di conferma legale ma mai sociale?
Perché un ragazzo o una ragazza adottato da maggiorenne ma che non ha alcun altro riferimento affettivo al mondo se non la famiglia che lo ha accolto e lo ha seguito, deve considerarsi comunque estraneo alla società ed alla stessa famiglia che lo accoglie?
Perché il ragazzo o la ragazza adottati da maggiorenni ma che non superano i cinque anni dall’adozione, perché per un disgraziato incidente i suoi genitori adottivi (ma solo con la procedura da maggiorenne) sono morti prima, perde la sua legittimazione a rimanere in Italia?
Perché un ragazzo o una ragazza adottati da maggiorenni non instaurano rapporti familiari o legali con il resto della famiglia degli adottanti?
Perché non hanno nonni, zii, fratelli ma solo un padre e una madre per contratto privato che la giurisprudenza e la normativa a stento riconoscono (e spesso disconoscono) di diritto familiare?
A ben vedere la fattispecie che proponiamo all’analisi della CEDU di Strasburgo, risponde al dettato dell’art.8 come nessun altra.
E’ l’esatto caso prospettato dall’art. 8 : ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita familiare. Non può esservi ingerenza dell’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto.
Conclusasi la fase dell’infanzia dove la tutela dello Stato viene considerata a garanzia dell’ordine pubblico e dell’interesse superiore del minore (ma ovviamente non sempre ci riesce), giunti quindi alla maggiore età, l’individuo ha il diritto di decidere e di scegliere e quindi di vedere riconosciuta ad ogni effetto giuridico, sociale, e legale la sua famiglia, quella famiglia che si è scelto nel corso della sua infanzia
(Continua)
 
 
 
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