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Adozione e cittadinanza
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Articolo di Isabella Cusanno
11 aprile 2012 9:58
 
Nel sistema dei rapporti incrociati tra ordinamenti di Stati diversi e sovrani, ad un recepimento deve quasi sempre corrispondere, dalla parte opposta, una attività di adeguazione.
Il progressivo procedere per approssimazioni garantisce l’esatto rapportarsi di due diverse strutture giurisdizionali, legislative e politiche, che non hanno in comune nulla poiché non dipendono in nulla l’uno dall’altro.
Il più delle volte inoltre, il reciproco rapportarsi per l’inserimento nel proprio ordinamento di una provvedimento o di una sentenza straniera e di quanto ne consegue, comporta bilanciare contemporaneamente due piani di intervento, quello pubblico e quello privato, che possono interagire diversamente nelle strutture giurisdizionali degli Stati .
Una semplice sentenza di volontaria giurisdizione emessa in Italia per l’adozione di un maggiorenne straniero comporta proprio questo : la verifica di un intervento per un recepimento che mette a punto l’analisi del piano di diritto internazionale privato, dove interagiscono le volontà dei singoli cittadini, e quelle di diritto pubblico, dove sono gli ordinamenti statali a rapportarsi.
In questo modo una sentenza di adozione di un maggiorenne straniero se recepita in una Nazione diversa da quella in cui viene emesso il provvedimento, ossia nello Stato di cittadinanza dell’adottato, comporta una serie di valutazioni e di interventi che non si possono limitare al solo campo di diritto privato, ma devono ovviamente coinvolgere i rapporti di diritto pubblico ed incidere nella sfera più personale del soggetto straniero, quell’ambito di diritti personalissimi che sono garantiti direttamente dall’ordinamento pubblico.
Ovviamente il diritto al cognome, il diritto alla certificazione della propria nascita e all’individuazione della propria persona, sono diritti che ineriscono alla sfera del diritto pubblico. E’ lo Stato che garantisce al cittadino la sua individualità e quindi tutti gli elementi che ne consentono l’identificazione.
E’ lo Stato di cui l’adottato ha la cittadinanza che deve provvedere alla modifica del cognome ed ad ogni altra conseguente attività.
L’ordinamento giuridico che emette una sentenza in questo campo opera soltanto nell’ambito che rimane nella disponibilità dei singoli soggetti, ossia nella dimensione di una volontà privata che si autodetermina anche nella scelta della legislazione con la quale intende regolare nel futuro i propri rapporti.
Se due soggetti di nazionalità diversa decidono di stipulare un contratto in forza delle normative presenti nella legislazione di uno solo dei due, decidono contemporaneamente anche quale sarà la legge che regolerà per il futuro i loro rapporti. Ma non possono mutare la norma che opera nella sfera di diritto pubblico che compete ai diritti personalissimi di ciascuno di loro e che rimane inequivocabilmente riferita allo Stato di cittadinanza di ciascuno di loro.
Portare al recepimento una sentenza di adozione maggiorenne in Bielorussia, come ho fatto per più di un caso ormai, significa sollecitare uno Stato sovrano ad intervenire in campi giuspubblicistici di sua assoluta competenza.
Nel momento in cui il recepimento avviene, l’adottato cambia il nome in forza di una sentenza di adozione che prende vigore in uno Stato in cui le norme considerano l’adozione nell’unica forma dell’adoptio plena, ossia dell’adozione legittimante.
E questo anche se in Italia la adozione maggiorenni non lo è. In Italia l’adozione maggiorenne è poco più di un contratto fra privati in cui si consolida e si costituisce un rapporto tra due o tre persone che si vogliono considerare genitori e figlio. Ma questo rapporto, che pure ha valenza pubblica, non incide nei rapporti con i familiari di sangue, che mantengono i loro vincoli precedenti senza sentirsi obbligati a prendere in considerazione il nuovo venuto.
Ma un recepimento da parte Bielorussa, da parte cioè dello Stato dell’adottato, muta questi elementi che non sono nella disponibilità dello Stato dell’adottante, perché sono di diritto pubblico.
L’adottato può prendere un cognome solo, l’adottato può veder riconosciuto una diversa famiglia come la sua unica famiglia, l’adottato può legittimamente fare parte di un unico nucleo familiare, l’adottato può finalmente essere riconosciuto come figlio dal contesto umano e sociale in cui vive la sua nuova e definitiva famiglia.
Ed è quello che è successo in Bielorussia con i recepimenti.
Tutto questo in conformità alla normativa bielorussa, alle norme di diritto internazionale, ed in analogia con la legge sulla adozione internazionale che prevede che, in caso di recepimento presso uno Stato estero, le adozioni abbiano effetto legittimante anche se non lo avevano secondo la legislazione dello Stato estero.
Tutto bene fino a questo punto. Il fatto è che l’adottato maggiorenne che ha ottenuto il recepimento del provvedimento giudiziale italiano ed il riconoscimento della sua nuova identità così come rapportata alle norme di diritto pubblico Bielorusso ha ora una qualità diversa: è un figlio legittimo di italiani per nascita.
E ad un figlio di italiani per nascita, secondo la normativa vigente in Italia, lo Stato Italiano a sua volta deve un riconoscimento: quello della nazionalità italiana, seppure in convivenza con quella Bielorussa. Non si tratta più di una concessione, ma di un riconoscimento.
Ai maggiorenni adottati che hanno ottenuto il recepimento in Bielorussia del provvedimento giudiziale italiano non deve essere concesso nulla. A loro spetta il riconoscimento del loro status di figli legittimi di cittadini italiani per nascita. A loro spetta la cittadinanza italiana, a norme delle leggi italiane.
E’ un’ulteriore approfondimento di un rapporto di diritto internazionale dove i reciproci piani di intervento pubblico e privato si devono bilanciare.
Non spetta allo Stato Italiano decidere il nome e l’identità di un cittadino straniero, spetta allo Stato Italiano recepire le modifiche intervenute nello stato di un cittadino straniero da qualsiasi motivo siano state determinate.
A maggior ragione se queste derivano dall’adeguamento ad un provvedimento emanato proprio dallo Stato Italiano. Non è una semplice questione di opportunità politica: è una questione di giustizia, di umanità, e di rispetto del principio di uguaglianza fra i popoli e le Nazioni.
 
 
 
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