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Adottare un maggiorenne straniero e dargli pieni diritti ovunque
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Articolo di Isabella Cusanno *
12 marzo 2011 17:22
 
L’instaurazione di un rapporto di adozione di un maggiorenne va ad incidere sulle sfere di diritto privato e di diritto pubblico, coinvolgendo parti private e Ordinamento in misura uguale.
Alle sfere di diritto privato attribuiremo i rapporti relativi al diritto di famiglia ed alle successioni.
Alle sfere di diritto pubblico attribuiremo il diritto al cognome.
Una adozione di un maggiorenne, così come è disciplinata in Italia nelle modalità della sua instaurazione,è un accordo delle parti similmente ad un contratto con forte pregnanza pubblicistica che trova la sua forza solo in base a sentenza costitutiva, il cui contenuto è considerato meritevole di tutela pubblica ed incide sull’ordinamento pubblico.
E questi due elementi, pubblico e privato, si intersecano e si completano solo là dove è ovviamente possibile, cioè fin dove l’ordinamento chiamato ad istituire il rapporto è in grado di agire nella sfera del soggetto.
Un maggiorenne straniero, ad esempio bielorusso, può certo accettare o pretendere che i suoi rapporti di diritto privato siano regolati dalla legge italiana quando lui stesso interagisce con cittadini italiani, ma neppure la sua volontà può qualcosa, quando invece la norma italiana va a regolamentare diritti che sono espressione di potestà giuspubblicistiche.
Nel momento in cui interagiscono fra di loro cittadini di Stati diversi è sempre possibile che i rapporti giungano ad una sorte di fase di stallo, ancorino in acque stagnanti e là vi rimangano per molto tempo. E questo nonostante che il provvedimento, la sentenza, l’ordinanza del Tribunale Italiano sia esecutiva ed eseguita per tutto quello che si può in Italia.
Se cioè all’ordinamento straniero non viene richiesto il recepimento, in nessun modo un provvedimento o un atto dello Stato Italiano, giudiziale o meno, potrà far sentire i suoi effetti in ambito giuspubblicistico.
E’ questa lacuna, pur gravissima, rischia di essere solo un campanello di allarme, l’elemento che dimostra una sofferenza che si sviluppa velocemente in una patologia diffusa e complessa.
Nel Diritto, pubblico e privato sono fatti per operare di comune accordo; disgiunti, incapaci di interagire, sono fautori di incomprensioni giuridiche, impediscono la messa a punto dell’intero rapporto, irrigidiscono la volontà dei privati limitandola ad un unico momento iniziale, impedendone ogni naturale evoluzione.
E la situazione non migliora di molto ottenendo il semplice cambio di cittadinanza, che non è automatico nell’adozione di maggiorenne: per intenderci, il maggiorenne adottato cittadino bielorusso rimane cittadino bielorusso. Molto più semplicemente e con esito più produttivo e prolungato nel tempo, il recepimento da parte di un ordinamento straniero del provvedimento italiano risolve tutte le questioni fondamentali che non sono solo il diritto al cognome, ma anche tutti quei diritti di stampo privatistico che devono trovarsi specchiati nello Stato di provenienza del maggiorenne adottato.
Sarebbe assurdo che il maggiorenne straniero non possa ereditare dal suo padre adottivo se non in Italia. Sarebbe assurdo cioè che il suo padre o madre adottivo non possa acquistare proprietà, in Bielorussia per esempio, perché il proprio figlio nato in Bielorussia, cittadino Bielorusso, non può ereditare in Bielorussia perché in Bielorussia non è neppure suo figlio, o che i genitori adottivi di un maggiorenne Bielorusso non possano chiedere in Bielorussia assistenza morale e materiale in caso di malattia o necessità perché il loro figlio non risulta essere il proprio figlio.
Al contrario in Italia il rapporto che si instaura tra le parti è viziato dalla territorialità del valore del provvedimento e dal fatto che in Italia l’adottato acquisisce una identità ed una personalità del tutti differente da quella del suo Stato di cittadinanza e di origine: una identità a metà, poiché il cognome dei suoi genitori adottivi potrà acquisirlo solo e se e quando acquisterà la cittadinanza italiana e sempre se a questo punto potrà ancora considerare l’acquisizione del nuovo cognome ancora conveniente alle sue condizioni del momento. L’adottato, maggiorenne straniero, assume in Italia una identità parziale, messa a dura prova dal perdurare della sua identità originaria. E se pure, nel gioco delle parti, del “così è se vi pare” e dei tanti personaggi in cerca di autore, l’adottato riuscirà in Italia ad aderire a questa sua zoppicante realtà, ci sarà sempre al varco un altro scenario al quale rendere conto anche in Italia: la sua sarà costantemente una identità non conforme, di cui dovere essere grato e di cui non ha pieno diritto.
Il cambio di cittadinanza non risolve i rapporti tra gli ordinamenti: li complica. Anche per il matrimonio o per il divorzio risulta essere indispensabile trascrizione o registrazione da parte dello Stato straniero degli atti Italiani, giudiziali o civili che siano, ed indipendentemente dalla acquisizione delle doppia cittadinanza. Così anche per l’adozione di un maggiorenne, al fine di una corretta e concreta applicazione della norma ed una efficace esplicazione del diritto di ciascuna parte di cui alla sentenza costitutiva dell’adozione, il recepimento da parte dell’ordinamento straniero è elemento fondamentale e risolutivo.

* avvocato del foro di Bari
 
 
 
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